Retore dell’utopia razionale

Loris Cecchini, Milano, 1969

Sospeso e urbano, domestico e pur estraneo, affabile e perturbante, caduco e illuminante.

I mondi dell’uomo sono corpi in caduta libera, essenze informi  modificatrici di gravità. Chiudersi dentro le architetture artificiali della coscienza non è ripararsi ma prestare il fianco alle interpretazioni del fuori, dell’altro e dell’altrove. Da qui le trasparenze che permettono l’indagine dei meccanismi che sottendono alla percezione. Nel momento in cui il piccolo si estende e il grande implode, l’artista si astrae e si riflette, nella volta architettonica che il suo pensiero produce, memento del suo sono stato, sibilla del suo sarò. Incrociando le braccia al convincimento che solo il niet, il rifiuto aprioristico di una categorizzazione può rendere veramente liberi, in delega  al movimento dell’ anima come utopia del corpo bianco.

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