Essere donna ed essere cineasta

 Goli Irani. Nel 1956 Shahla Riahi, dopo dieci anni di esperienza nel mondo del cinema e del teatro in un periodo in cui fu problematica la presenza femminile in ambito artistico e particolar modo nel cinema, fece il suo primo film Marjan. Shahla Riahi venne considerata la prima regista donna iraniana,tuttavia non riscosse un gran successo a causa dei pregiudizi del pubblico.

Qualche anno dopo in un’intervista la regista commenterà così il suo film: “La sceneggiatura di Marjan fu scritta dal dottor Key Maram e non ebbe alcuna attrattiva commerciale, inoltre possedeva due caratteristiche che lo misero in contrasto con gli standard del mercato cinematografico di quel tempo; da un lato il film era privo di scene  di ballo e di canto e, dall’altro, i film Farsi dovevano avere un lieto fine, mentre in Marjan il film finiva con il suicidio della prima attrice. Quando ho deciso di fare questo film ovviamente nessun produttore fu disposto ad investire su di un film del genere, e dovemmo finanziarcelo io e mio marito con un prestito. Non riscosse un gran successo nelle sale e dovemmo cambiarne il finale infatti, nella seconda versione, Marjan non si suicidava, ma tornava a vivere in campagna. Sono rimasta molto delusa da questa esperienza e ho deciso di lasciare questo mestiere e continuare a recitare”.

Dopo il fallimento di Shahla Riahi, per tanti anni il cinema iraniano non costituì alcun punto di riferimento per le registe. Solo nel 1963, Forough Farokhzad, nel documentario La casa è nera, rappresentò per prima volta un cinema poetico e nello stesso tempo realistico; è stata una donna a fare il primo film poetico della storia cinematografica iraniana.

Negli anni Settanta e Ottanta le cineaste iraniane non riscossero un gran successo, però non si può dimenticare una regista come Marzieh Boroumand che fece parecchi film per bambini, film come Alow alow man joojooam (1994), La città dei topi (1985) e La casa della nonna (1987), che sono stati i più bei ricordi dei bambini iraniani per due decenni.

Pouran Derakhshandeh è un’altra regista che cominciò la sua carriera con La relazione realizzato nel 1986; il film venne applaudito al primo Festival di Giffoni.

[1] Il vocabolo Film Farsi fu creato dal regista e critico Houshang Kavousi nella rivista Ferdowsi, le caratteristiche di questo genere erano; danza e canto senza concernere con la storia, rapporti romantici priva di ragionamento,personalizzazioni deboli e contenuti superficiali, in generale un’imitazione dal cinema indiano, il Ganje gharoon(1965) fu esempio definito di questo genere.

Successivamente The little bird happiness vinse, nel 1987, il premio come miglior film al Festival internazionale di Fajr; L’amore senza confine (1998) e La candela nel vento (2003), sempre di Derakhshandeh, erano caratterizzati da un contenuto sociale apprezzato dal pubblico iraniano del tempo.

Senza dubbio fu il periodo più importante per le registe iraniane. I film da loro realizzati adottavano un linguaggio femminile per raccontare i problemi delle donne. Nei primi cinque anni del decennio, a causa dell’ambiente chiuso dominante nel cinema e alla mancanza d’esperienza cinematografica, le donne non sono riuscite ad esprimersi come volevano, ma avvicinandosi alla fine del decennio trovarono il coraggio di provare nuovi esprimenti artistici.

Rakhshan Bani Etemad ha iniziato la sua attività artistica dagli anni Ottanta con Giallo di canarino (1998), Il denaro straniero (1990) e Off-limits (1986), per entrare a far parte, negli anni Novanta, tra i migliori registi iraniani.

Narges (1991) vinse il premio come miglior film al Festival di Fajr, The-Blue-veiled  (1994) fu premiato come miglior film al Festival di New Delhi, Banooy-e ordibehesht (1997) come miglior film al Salonica Film Festival, e al Locarno Film Festival, Le storie dell’isola (1997). Benché Bani Etemad non avesse grandi pretese, le sue opere criticavano apertamente la situazione e i problemi delle donne nella società iraniana. Recentemente ha realizzato tre film sociali: Sotto la pelle della città (2000), Gilaneh (2004) e il suo ultimo capolavoro Mainline (2006) che ha vinto il premio come miglior regia al Festival di Fajr e al Festival di Casa del cinema di Teheran. Il film racconta la dipendenza alle nuove droghe sintetiche in Iran ed in particolare parla di una giovane ragazza dipendente dalla droga che sta per emigrare in Canada. Il film mostra una madre che non riesce ad aiutare e salvare la figlia. Se Bani Etemad, insieme a tanti altri registi, nel secolo precedente ha criticato la situazione e i problemi delle donne in famiglia, adesso si trova davanti a famiglie moderne con vedute più libere e aperte tanto da non riuscire più a comunicare con i loro figli. Così, in una scena del film, la ragazza che non riesce più a guidare costringe la madre ad accompagnarla dallo spacciatore per comprare la droga.

Tahmineh Milani è un’altra regista iraniana, il suo primo film fu il melodramma sociale I figli del divorzio del 1989 e nel 1990, mantenendo il successo ottenuto, fece due commedie, What else is new? e Kakado. Nel 1997 con Due donne dichiara apertamente di essere una femminista iraniana; il film narra di due amiche appartenenti a livelli sociali diversi, Roya di famiglia colta e benestante, e Fereshteh invece del sud di Teheran. Fereshteh viene costretta a sposarsi per poter realizzare il suo desiderio di iscriversi all’università. Per completare la sua trilogia femminista la regista Milani realizzò altri due film, The hidden half (2000) e The fifth reaction (2002); il primo racconta la storia di una donna condannata a morte per la sua relazione con un magistrato. Milani, dopo aver fatto questo film, viene arrestata per otto giorni e in prigione conoscerà un gruppo di ragazze con cui decide di produrre Tasvieh hesab nel 2007 che racconta la storia di cinque ragazze delinquenti che, dopo essere uscite di prigione, decidono di ricattare uomini ricchi. La regista ha realizzato altri due film: The unwanted woman (2004) non ha riscosso un gran successo e non riuscendo a partecipare al Festival di Fajr; nel 2005 invece, realizza Cessate il fuoco tratto dal un romanzo di Lucia Capacchione, film dai tratti romantici che, pur non accontentando i critici del cinema, ha ottenuto il miglior incasso dell’anno.

Negli ultimi anni una nuova regista iraniana Manizhe Hekmat ha esordito nel cinema iraniano con il film La prigione delle donne (2006)  dando una ventata innovativa alle registe iraniane; come si intuisce dal titolo, il film narra la vita delle donne iraniane in prigione, argomento che fino a quel momento nessuno ha avuto il coraggio di affrontare.

A questo punto bisogna esaminare le opere di altre due registe che, in un certo senso, hanno cambiato la storia delle registe iraniane, Shirin Neshat e Marjane Satrapi. Queste artiste, essendo cittadine europee ed americane, hanno avuto la possibilità di realizzare i loro film liberamente, parlando della società e della politica iraniana senza temere di essere censurate ed arrestate. Satrapi, con Persepolis (2007), racconta per la prima volta, attraverso gli occhi di una ragazza, la vera storia della rivoluzione iraniana, e di come si è trasformata in una Repubblica islamica. Il film ha vinto il Premio della Giuria al Festival di Cannes 2007 ed ha ottenuto una candidatura all’Oscar; Neshat, nel suo capolavoro Donne senza uomini che ha vinto il Leone d’Argento per la miglior regia alla Mostra del cinema di Venezia 2009, attraverso un linguaggio artistico, narra una parte della storia dell’Iran attraverso quattro donne iraniane. La trama del film è tratta dall’omonimo successo letterario di Shahrnush Parsipur. La stesura del romanzo Donne Senza Uomini è in stile magico-realista. Le loro opere senza dubbi fanno la parte più importante della storia del cinema iraniano.

Le registe, nella storia cinematografica iraniana, non solo hanno sempre criticato il ruolo della donna e della sua condizione nella società, ma hanno anche rivolto il loro interesse all’uomo, alla sua posizione sociale e alla sua identità; in altre parole, hanno espresso un giudizio femminile sui sentimenti e le inclinazioni degli uomini.

Le donne registe hanno svolto un ruolo prezioso ed efficace nella storia cinematografica iraniana, sono poche come d’altronde tutte le registe del mondo cinematografico, ma sono state veramente brave cineaste, capaci di raggiungere visibilità e successo.

 

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