L’essenza femminile tra orizzontale e verticale

Tessere l’universo: Teodolinda Caorlin a Palazzo Mocenigo

Rita Aspetti. Enormi donne dall’aspetto robusto, che si atteggiano in liberi e bizzarri movimenti: ridono, mangiano, scrutano, contemplano  e temono. Sono protagoniste della scena. Colorate ed espressive, ovunque determinate. A differenza di quanto si potrebbe immaginare queste non sono attrici e qui non si sta parlando di teatro.

Sono le donne di Teodolinda Caorlin, nate dalla maestria e dalla sapienza artigianale di una mente e di due mani che “costruiscono” immagini secondo le due dimensioni.

La sua è una tecnica antica che unisce l’orizzontale alla  verticale, il cardo e il decumanus, le ascisse e le ordinate, l’alto-basso con la destra-sinistra: nell’intreccio, quella forza diplomatica data dal filo di trama che lega i fili pari con i fili dispari dell’ordito, riesce a tessersi con maestria rendendo un universo altrimenti inconciliabile.

Nel mondo greco e nella cultura occidentale l’universo tessile è una prerogativa femminile.

Nell’Africa settentrionale e in tutto il bacino del Mediterraneo, il telaio è simbolo della struttura dell’universo.

Un mito egizio narra di come Neith stenda sul suo telaio il cielo e di come vi tesse la terra. Ed ancora: le donne berbere lavorano ancora oggi su dei telai semplici, due fianchi reggono i due subbi. Il subbio superiore rappresenta l’universo. Tessere dunque significa partecipare alla vita del cosmo, ricreare l’unità del mondo nella sua diversità, conciliando i suoi opposti.

L’intreccio di Teodolinda Caorlin conferma tale significato. Lei, donna, autrice dei suoi intrecci, relaziona e unisce sentimenti e brani di vita quotidiana. Nel far questo concretizza il suo pensiero sulla storia delle donne e sull’essenza femminile rappresentando alcuni aspetti di tale universo tramite l’utilizzo di un ordito scuro, abbastanza rado con trame policrome a otto capi di tonalità differente.

Quelle da lei create non sono semplici figure femminili. Sono le allegorie dei sette vizi capitali: la Superbia: espressione di una tetra costellazione di vizi: l’Orgoglio: arroganza, arbitrio, tracotanza, boria esteriore; la Lussuria: abbandono al piacere sessuale; l’Avarizia: cupidigia disordinata di beni materiali; l’Invidia: sentimento astioso manifestato verso chi possiede; l’Accidia: l’avversione all’operare; la Gola: abbandono ai piaceri della tavola e l’Ira come impeto rabbioso e incontrollato. Teodolinda Caorlin ne ha aggiunto un altro: la Paura. Forse della morte?

La maestria di Teodolinda si sviluppa a partire dal 1966 quando, dopo il diploma in Tessitura, costituisce un laboratorio di progettazione tessile all’interno del quale ha la possibilità di maturare esperienze di progettazione e realizzazione.

Negli anni Settanta i suoi interessi si rivolgono all’universo musicale, in particolare modo all’etnomusicologia, venendo a contatto con un repertorio di canti e documenti della cultura orale veneta.

Da circa dieci anni indaga sulla figura umana. Testimonianza tangibile nella collezione che raccoglie gli ultimi suoi lavori fruibili presso il Museo di Palazzo Mocenigo – attuale Centro Studi del Tessuto e del Costume – dove è stata allestita, sotto la cura di Doretta Davanzo Poli, un’ampia retrospettiva dal titolo Intrecci, visitabile fino al 13 marzo 2012.

About theartship