Ventisei anni di controcultura tradotta in arte

Una mostra retrospettiva per raccontare attraverso ventisei opere i poliedrici artisti Cuoghi Corsello, che hanno fatto della cultura underground la loro poetica

Elisa Daniela Montanari. Torino – A partire dal 26 aprile fino al 26 giugno si terrà presso la galleria Guido Costa Projects la mostra “26” di Cuoghi Corsello. Numero non scelto a caso, racchiude in sé l’emblema di una longeva unione. Gli artisti Monica Cuoghi e Claudio Corsello festeggiano con una mostra retrospettiva il ventiseiesimo anniversario del loro sodalizio artistico e personale.

Ventisei opere, una per ogni anno di lavoro insieme, sono state scelte con cura dal gallerista Guido Costa per raccontare la storia di una vita vissuta come fosse un’opera d’arte. Il gallerista ha tentato di riunire in un unico luogo tutte le anime dei personaggi che hanno abitato il mondo parallelo dei due artisti bolognesi dal 1986, anno d’inizio della loro collaborazione. Arduo compito, se si considera che Cuoghi Corsello sono due tra gli artisti più poliedrici della loro generazione.

Il loro sposalizio artistico prende l’avvio nella Bologna underground post ’77, in cui capannoni abbandonati potevano trasformarsi in laboratori di sperimentazione artistica e in cui si respirava un clima di fermento di cultura controcorrente e d’innovazione. La Bologna degli anni Ottanta diede i natali alla sub-cultura del graffitismo e della prima Street Art, e Cuoghi e Corsello ne furono i protagonisti.

Forse uno tra i più famosi dei loro personaggi lo si può ancora scorgere tra i muri dei quartieri bolognesi. Si tratta di Pea Brain, una paperetta stilizzata che negli anni Novanta ricopriva tutta la città. Ma questo è solo uno degli innumerevoli esseri che sono nati dalla loro immaginazione sconfinata. C’è Suf, bambina-folletto che vuole imparare a fare “pezzi” sui muri; Quadrupede, animale con quattro zampe e una proboscide; Bello, una faccina sorridente utilizzata come logo dal MACRO di Roma e della quale loro si sono impadroniti; Petronilla, Nonno Degrado, Schifio e tanti altri. Dietro ognuno di loro si nasconde una storia e insieme formano un altro mondo, in cui natura e città, muse d’ispirazione, si fondono e si traducono in arte.

Cuoghi Corsello non sono solo graffitisti o Street artist. La loro arte è orizzontale e utilizza tutti i supporti e le tecniche sperimentabili. Pittura, scultura, fotografia, video arte, grafica, light box, installazioni, performance, ready-made, materiali di scarto, legno, carta, pixel, bit, colori acrilici e si potrebbero riempire pagine e pagine. I personaggi creati rivivono a piacere in qualsiasi formato, in una commistione unica di stili che si ispira senza distinzioni alla cultura alta e bassa. Nascono così le pin-up degli anni Duemila, in posa per i giorni del calendario, che si atteggiano a Lolita o ad attrici porno, così neo pop da sembrare un tributo ad Andy Warhol in epoca digitale.

Le loro creazioni si spogliano dell’aurea spesso attribuita alle opere d’arte, per permetterli di raccontare l’universo culturale della strada, tanto incompreso e temuto. Universo che loro conoscono profondamente. Non si può parlare del lavoro artistico di Cuoghi Corsello senza citare l’avvincente modo di vivere che hanno condotto dal ’94 al 2006. Per dodici anni hanno occupato e vissuto in un totale di tre fabbriche abbandonate, ribattezzate “Giardino dei bucintori”, “Cime Tempestose”, e Fiat. Dopo aver ripulito pavimenti e muri dagli escrementi dei piccioni, polvere e topi, si sono insediati in questi luoghi angusti per anni. Hanno trasformato artisticamente gli ambienti per renderli più accoglienti e li hanno utilizzati come magazzino, studio, abitazione e luogo di aggregazione. Le loro “case” si sono infatti trasformate in laboratori artistici collettivi, punto di ritrovo per creativi e skater, e sede di feste memorabili. Sono diventate uno di quegli ambienti nel quale una volta entrati non si può uscirne se non modificati e lo stesso valse anche per gli inquilini. Bisognava rielaborare una nuova quotidianità diversa dalle abitudini borghesi, in cui le comodità come acqua corrente e riscaldamento non esistevano e potevano essere sostituite solo dalla creatività, come l’installazione di teli di plastica per ripararsi dal freddo o il lavarsi con le catinelle in una vasca con le ruote. L’arte diventa parte integrante della vita e da questo connubio nasce una nuova arte, fatta di oggetti di scarto ma anche di molto altro, in cui vita e opera si confondono e si completano.

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