Il sole mi costrinse ad abbandonare il giardino. Alessandro Roma in mostra a Milano

Pasquale Fameli. Si è chiusa recentemente la personale di Alessandro Roma (Milano, 1977) alla Brand New Gallery di Milano, dove il giovane artista lombardo ha presentato una serie di opere che hanno come filo conduttore il tema del giardino. Attraverso la pratica del collage, l’intervento grafico, l’olio e lo spray, Roma ha composto fantasiosi paesaggi vagamente metafisici, partendo dalla natura per poi oltrepassarla e restituircela secondo inedite condensazioni mentali, ma anche attraverso il filtro del kitsch

1, quell’artificialità stucchevole e patinata che nel corso del Novecento si è imposta all’attenzione di artisti e operatori culturali di varie generazioni proprio a causa del suo ingente manifestarsi nella cultura materiale contemporanea. La fitta e coloratissima boscaglia delle visionarie composizioni di Roma si costella, inoltre, di frammenti di statuette e fontane desunte dall’immaginario classico, ridotto a stereotipo proprio dal becero uso decorativo che se ne fa negli arredamenti da esterni. È qui che si rintraccia il senso vero e proprio del kitsch, dove l’elemento colto si riduce a banale feticcio della produzione industriale in serie, in un cortocircuito livellante, tra il raffinato e il dozzinale, che già Giorgio De Chirico aveva intuito e sperimentato nella propria pittura, nel secondo decennio del secolo scorso. Uscendo dall’ormai superata logica del quadro “ben fatto”, inadatta per la ricerca estetica contemporanea, Roma seleziona e ritaglia campioni visivi seguendo tracciati sinuosi e curvilinei, così da ottenere flessuosi ed eleganti patterns da combinare liberamente, azzardando accostamenti cromatici (anche questi marcatamente kitsch, volutamente di cattivo gusto) tra tinte acide, fluorescenti e pastello, stese in à plat oppure leggermente sfumate, poi nettamente spezzate da chiaroscuri di forte consistenza plastica o dalla realistica resa dei frammenti fotografici. Forte di una ritrovata e sapiente manualità, così come di una grande abilità compositiva, Roma realizza caleidoscopici intrecci e raffinate sovrapposizioni di sagome fitomorfe dati come paradigmi di un denso e giocoso massimalismo decorativo.

Per approfondimenti su tale concetto, in particolare nel suo rapporto con le arti visive, cfr. G. DORFLES, Il Kitsch. Antologia del cattivo gusto (1968), Mazzotta, Milano, 1990.

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