YAP!

 

L’elogio della giovinezza

Il Maxxi inaugura la sua stagione estiva presentando il progetto d’architettura dello studio newyorkese romano Urban Movment Design, vincitore dello Yap Maxxi 2012. L’installazione italiana è costruita da un nastro lungo con legno e spazi erbosi curvilinei a ricreare un continuum spazio architettonico che attraversa il cortile del Maxxi. Il progetto, Unire/Unite, si è avvalso della collaborazione dello studio cileno Constructo e del Moma Ps1 di New York. I tre architetti vincitori, sono tutti rigorosamente under 40, come a rivelare, pur in un periodo dove l’investimento spesso si rivolge al dato poiché economicamente più certo, la volontà di esprimersi entro coordinate innovative, seguendo i dettami del riciclo e della eco sostenibilità, cardini sicuri entro cui l’architettura contemporanea sempre più spesso si confronta. Leit motiv già visto alla presentazione della Biennale architettura che a Venezia avrà la sua sede a fine agosto, questa installazione urbana romana, convince già dal rendering, ove si coglie l’uomo che espande il suo potere percettivo oltre il confine museale. Il progetto vincitore, sarà poi smontato alla fine della stagione estiva, per rinascere, come trait d’union, in un altro luogo, a sancire la sempre più interessante scoperta dell’aperto come luogo deputato all’arte. La giuria, composta dai rappresentanti del Maxxi, del Moma e dell’associazione cilena Constructo hanno selezionato poi  Wendy di HWKN che vince invece l’edizione 2012 di Yap al MOMA PS1.

Nell’ edizione 2012 il Maxxi dedicherà anche una mostra collettiva dedicata ai progetti finalisti.

Il linguaggio promosso dall’architettura contemporanea, sembra aver invertito la rotta. Abbandonando l’imponenza fascista dei casermoni utili, funzionali e mastodontici, costruiti quasi a voler volontariamente deturpare la bellezza paesaggistica dei luoghi in cui sorgevano, questi giovani architetti collaborano all’oggi alla costruzione di una realtà abitativa e di fruizione pubblica, più sobria, più incline alla convivenza equilibrata tra naturale ed artificio, in una sorta di compromesso collettivo con la città.

In quest’ottica lo studio Urban Movment Design sviluppa e fa convergere nel gorgo primario dell’abitare, il passo che lega l’uomo alla natura, la possibilità di una coesistenza pacifica. Intervenendo su sedute a rampicanti, su zone d’ombra come fronde, il costruire forma habitat gentili, curve comode e amichevoli, che permettono di ridurre al minimo, lo scarto tra servizio e possibilità del bello.

Quello che i giovani architetti hanno in più rispetto ai loro predecessori navigati sembra proprio essere questa volontà di abbandonare la costruzione come luogo celebrativo, e dei committenti e delle loro stesse mine, sviluppando così un atteggiamento che conserva il primo e reale motivo della conventicola, abitare bene in posto bello. Dopotutto non è poi così difficile, mettersi nei panni di chi vive dentro una città, poiché, nel villaggio globale, tutti ne facciamo parte.

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