Soundwwwalk: azioni sonore nel cyberspazio

Pasquale Fameli. Praticato a partire dal 2009 dagli artisti Jamie Allen, Constant Dullaart, Bernhard Garnicnig, Joel Holmberg, Peter Moosgaard, Ceci Moss, Julian Palacz, Michael Pollard e Will Schrimshaw, il Soundwwwalk[1] è un tipo di performance basata sull’utilizzo di un comune browser per la navigazione in rete come insolito strumento di improvvisazione audiovisiva, attuata attraverso la combinazione di fonti sonore pubblicamente accessibili. La rete si configura, infatti, quale spazio ideale in cui andare a caccia di registrazioni vocali, campioni sonori e brani musicali di ogni genere da mescolare e sovrapporre in tempo reale. La scelta di operare con mezzi comuni (un notebook e un browser), non professionali e alla portata di tutti, è il riflesso di quella democratizzazione creativa messa in atto dall’attuale assetto mediale, ovvero dalla possibilità di livellamento e abbattimento delle barriere tra utente e autore offerta proprio dalla facile accessibilità dalla tecnologia digitale; a ciò consegue, pertanto, un riscatto della creatività amatoriale rispetto a quella professionale che strumenti quotidianamente utilizzati consentono, tanto nella produzione audio quanto in quella video[2], favorendo l’emergere di un’estetica del basso profilo e della bassa definizione.

La pratica del Soundwwwalk, che trasforma il diffuso e banale atto della navigazione in rete in un vero e proprio live audiovisivo, presenta molti punti di contatto con le esperienze sonoro-performative di John Cage e del movimento Fluxus, tanto da costituirne una prosecuzione ideale e tecnologicamente aggiornata. Innanzitutto va rilevato il carattere aleatorio e indeterminato di una simile pratica audiovisiva, costituita prevalentemente da  missaggi volutamente approssimativi e imprecisi, realizzati con mezzi minimi e impropri, che favoriscono l’emergere di imperfezioni e cacofonie, attraverso una logica che ricorda la nota performance cageana Imaginary Landscape N. 4 (1952) in cui il suono di dodici apparecchi radiofonici veniva combinato in un entropico flusso di musiche, voci e rumori dei programmi in onda, a rendere quelle relazioni simultanee che, secondo Marshall McLuhan[3], sono proprie del ritrovato spazio acustico contemporaneo. Così come Cage e altri sperimentatori musicali hanno attinto all’intera sfera dell’udibile per la propria ricerca sonoro-performativa, i soundwwwalkers attingono all’illimitata quantità di materiali audio e video presenti su internet, dotandosi così di infinite possibilità combinatorie, operando con brevi frammenti sonori, registrazioni vocali e ambientali, oppure interi brani musicali, ricorrendo dunque a elementi audio già esistenti (non autoprodotti) e selezionati come ready-mades sonori da combinare in un unico flusso rumoristico. Ma l’aspetto che più riscatta il Soundwwwalk dal semplice sound collage, ormai ampiamente diffuso e praticato nella musica contemporanea, consiste nell’esplicitazione visiva del processo compositivo, che conferisce un forte carattere concettuale all’operazione; ciò che conta non è, infatti, il solo risultato sonoro, quanto la visualizzazione del procedimento che lo genera, giocato all’insegna di quell’“intermedialità” che l’artista americano Dick Higgins[4] ha definito come “lo spazio compreso tra i differenti media”.



[1] Cfr. il sito internet http://soundwwwalk.net per ulteriori informazioni su questo nuovo fenomeno artistico e per vedere i video delle performances.

[2] Per più puntuali e approfondite riflessioni su tali problematiche si rimanda a G. BARTORELLI, Art/Tube. L’arte alla prova della creatività amatoriale, Cleup, Padova, 2010.

[3] Cfr. M. MCLUHAN, Il medium è il massaggio (1968), trad. it., Corraini, Mantova, 2011, p. 111.

[4] Cfr. D. HIGGINS, Some Thoughts on the Context of Fluxus, in «Flash Art», n. 84-85, ottobre – novembre 1978, cit. p. 34. Cfr. anche il fondamentale D. HIGGINS, Intermedia (1966, New York), in Foew&ombwhnw, Something Else Press, New York, 1969, pp. 11-29.

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