La musica visuale di Alessandro Perini e Fabio Monni

Paola Pluchino. Giovane duo Made in Italy trapiantato in Svezia, gruppo Gruppo  racconta il suo percorso e il suo sviluppo, non tralasciando constatazioni estetiche sulla civiltà digitale d’oggi

Piacere di conoscervi

Per introdurvi  vorremmo che vi raccontaste: una breve biografia dove indicate il vostro percorso artistico, il vostro incontro, la decisione di vivere in Svezia, la vostra arte

Abbiamo entrambi una formazione musicale (composizione, musica elettronica, pianoforte…) che si è aggiunta a una passione per tutto ciò che è visivamente avvincente, sia esso cinema, fumetto o pittura. Cerchiamo sempre di puntare sull’alta qualità del manufatto artistico, sia sul piano sonoro che su quello visivo. Pur essendo le nostre opere basate su un forte impianto di pensiero, tendiamo ad investire molte energie anche sull’impatto del prodotto finito. Possiamo dire che importiamo un po’ di gusto italiano in Svezia, dove il “concetto” spesso prende il sopravvento sulla qualità estetica.

D’altro canto la Svezia offre molte possibilità per realizzare i propri progetti, ed è per questo motivo che abbiamo deciso di stabilire qui le nostre attività.

 Le intelligenze coinvolte

Quali sono le Vostre abilità e come interagiscono nella creazione dei progetti?

Ognuno di noi ha sviluppato una serie di competenze specifiche, pur condividendo una solida base di abilità multidiscipilinari: dal montaggio video alla programmazione passando per il disegno e il trattamento del suono.

Ma ancora più delle abilità singole è importante il lavoro di gruppo. Il continuo feedback ci permette, durante l’intero processo creativo, di avere un controllo critico del nostro lavoro; allo stesso tempo, è stato di grande aiuto trovarci sulla stessa lunghezza d’onda per quanto riguarda le direzioni estetiche e l’amore per il dettaglio.

L’estetica dello sguardo

Un bianco e nero imperante e l’ibridazione del video con l’espressività elettronica: ci volete parlare del mezzo usato e delle scelte stilistiche che l’accompagnano?

In realtà la scelta del bianco e nero in “Secret lives” è stata contingente: il lavoro era inizialmente realizzato in 3D con tecnica stereoscopica (i cari vecchi occhiali rosso e blu).

Chiaramente ne abbiamo derivata anche una versione in 2D per poterla presentare più agevolmente nei festival video e nelle mostre.

Tuttavia ci capita spesso di usare il bianco e nero come mezzo espressivo, in parte perché rimanda alla materialità del tratto a matita, ma anche perché, annullando il colore, l’attenzione dell’osservatore  si focalizza maggiormente su altri livelli, in questo caso i giochi prospettici e spaziali degli elementi figurativi utilizzati.

La storia al tempo dei new media

Il processo di sintesi del visuale crea un gioco di fraintendimenti e percezioni, le vostre sembrano delle biografie post – digitali: possiamo definirlo un nuovo filone? Cosa caratterizza il lavoro di gruppo Gruppo?

Ci fa piacere che abbiate colto nel segno lo spirito di “Secret lives”. Il nocciolo della questione è proprio l’ambiguità degli oggetti visivi. Abbiamo cercato di rappresentare delle situazioni chiaramente riconoscibili per lo spettatore per poi subito dopo decostruirle, ricombinandone gli elementi base in nuove configurazioni. In questo modo le convinzioni percettive del pubblico vengono continuamente rimesse in discussione, risultando in microstorie impossibili che solo il mezzo digitale dell’animazione (a differenza del mezzo filmico) può concretizzare.

In queste biografie immaginifiche volevamo divertirci a “rubare” alcuni elementi caratteristici dei tre compositori (Berio, Maderna, Donatoni) e costruirci attorno un mondo surreale nel quale niente è ciò che sembra.

Non sapremmo dire se questo sarà l’inizio di un nuovo filone; certo è che abbiamo ancora voglia di sperimentare in questo ambito. Per ora rimane solo una ricerca sulla rilettura inaspettata di materiali semanticamente molto connotati.

Le parole da ricordare

Quali sono gli artisti, i filosofi, gli uomini a cui vi ispirate nel realizzare le vostre opere?

Fabio

 Posso fare due nomi: Hugo Pratt e Platone.

 

Sono sempre stato affascinato dal fumetto, specialmente quello italiano, e per diversi anni pensavo che sarei divenuto io  stesso un disegnatore professionista. Il contatto con le storie di Corto Maltese ha fatto emergere la voglia di raccontare storie, storie immaginifiche in cui la realtà cruda si mischia con il surreale, voglia di epica in cui ogni dettaglio è carico di significato. Platone mi ha dato la conferma dell’importanza di andare alla ricerca della sostanza, del nucleo primigenio delle cose senza mai dare niente di scontato: mi ha dato sostegno nell’andare a vedere se all’interno di quelle che apparivano come cellule generative di un pensiero o di un’idea non vi erano altre idee o pensieri a loro volta racchiudenti altre idee ed altri pensieri, sino ad un possibile punto di partenza, generativo di un universo di pensieri.

 

Alessandro 

Recentemente una delle immagini che reputo più emblematiche è “Le double secret” di Magritte, dove  l’aura (anche storica) del ritratto viene dissacrata grazie a un esperimento pittorico/chirurgico che rivela una natura non-umana dietro a quello che sarebbe stato, in condizioni normali, un volto femminile. Quest’immagine è secondo me una rappresentazione valida e moderna del dubbio cartesiano, ovvero del fatto che è difficile vedere oltre la superficie delle cose. Cartesio diceva di non poter essere sicuro se, sotto i cappelli che vedeva passare quando si affacciava alla finestra, ci fossero uomini o automi. Spesso ci fidiamo dell’apparenza, ma ciò – particolarmente nell’arte – non basta, e non deve bastare; d’altra parte un gran numero di fattori – l’ascesa del virtuale, la schiavitù delle mode, la necessità di accumulare denaro e beni – influiscono sulla nostra vita e ci stanno trasformando, forse, in uomini-macchina.

Constatazioni prospettiche

Quale è il vostro approccio alla cultura visuale oggi?

Così come accade nell’ambito musicale, la tecnologia ha reso disponibili i mezzi per realizzare una vasta gamma di artefatti a costo relativamente basso. Ciò ha da una parte “democratizzato” il mestiere dell’artista in un’ottica warholiana (Fifteen minutes of fame), dall’altra ha abbassato notevolmente la qualità del dato visivo/sonoro. La giungla di Youtube ne è un esempio lampante.

Purtroppo molti di questi mezzi (spesso “effetti” o “plugin”) sono più orientati a produrre un risultato immediato piuttosto che ad accompagnare l’utente in un processo consapevole, in cui sia il pensiero cosciente a modellare la materia in maniera logica. Un’altra conseguenza è che tali mezzi uniformano in gran parte i prodotti, banalizzando il processo creativo in un collage di cliché preconfezionati.

Ciò detto, nel nostro lavoro cerchiamo, pur utilizzando dei linguaggi talvolta convenzionali, di non ricadere nel luogo comune. Siccome la mente umana tende a risolvere gli stessi problemi proponendo le stesse soluzioni, pensiamo sia importante non fermarsi alla prima idea ma scavare cercando di arrivare alla radice delle questioni. Ovvero cercare soluzioni inattese.

 Il futuro è scritto sull’acqua

Quali sono i progetti che avete in cantiere?

Per la prossima primavera abbiamo in programma una performance multimediale in collaborazione con un organista svedese in cui proietteremo delle immagini sugli elementi architettonici della chiesa protestante di Sankt Petri, una delle più antiche di Malmö. Intanto abbiamo appena terminato un piccolo lavoro di videoarte per una mostra in Italia e continuiamo a promuovere “Secret lives” in vari festival e concorsi. Parteciperemo al Connect Festival di Malmö (11-14 Ottobre) con due pezzi per il trio norvegese POING e una jam session tra il jazz e l’elettronica.

Il sogno nel cassetto è invece un cortometraggio di animazione per il quale stiamo attualmente cercando fondi. Il soggetto è per ora top secret.

 

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