Il Mondo poetico di Eleonora Danco (seconda parte)

Elena Scalia

1) Eleonora ci puoi parlare del tuo processo artistico, come imposti il lavoro quando scegli di lavorare ad un progetto?

Non riesco davvero a  concludere il lavoro fino a quando non  sale la “paura”, “il terrore della consegna”.
Scrivere per il teatro per me è la cosa più dura richiede un’intensità totale. Quando ho iniziato ero più libera, non avevo background, ero più spericolata… Dopo, quando hai percorso in lungo e in largo il tuo deserto, devi fare in modo di non ripeterti,  elaborare  percezioni diverse. Il mio lavoro non è mai spontaneo, nasce da una tecnica: il linguaggio. Un testo infatti, oltre che sulla verità (che ti viene sbattuta in faccia)  e sulle immagini, si regola sul tempo e sui ritmi.  Quel testo c’è , fa parte di me, ma  per  tirarlo fuori  devo annientarmi. Non sono mai contenta…fino a che non ho dato il massimo…Ho il terrore di deludere…di non farcela…ogni volta è così, e poi ce la faccio sempre…Prima di scrivere un testo non lavoro partendo dall’improvvisazione in teatro, mai! Nel primo approccio al testo non parto mai dalle improvvisazioni in teatro.  Il mio lavoro  nasce a tavolino. Tastiera. Schermo. Solitudine. Musica. Ascolto moltissima musica. Continuamente. E guardo pittura, scultura. L’arte è immediata, parla per immagini, ha un percorso tortuoso, si percepisce, ma non si vede. Non ti appesantisce mai. E’ elevazione. A questo ambisco. Scrivo contro l’attualità,  cerco l’impatto grezzo della superficie, l’azione del personaggio. Svelarlo nella sua incompiutezza. Disegni sbiaditi che si aggirano. Metto i personaggi sempre davanti all’attesa di qualcosa di assoluta necessità, elaboro  le  reazioni. E poi c’è l’astrazione, rilanciare l’esperienza in un linguaggio onirico dove tutto è permesso e nulla succede. L’humour, dato dal ritmo, dai cambi veloci di pensiero che “affliggono” le persone, la parte nascosta attraverso un linguaggio di “sbrocco”, veloce. Ridurre i personaggi  all’istinto primordiale, spiazzante, tragicomico. Gli spettatori hanno bisogno di una scossa, di una “pezza”, di commozione, a cosa serve altrimenti il teatro? Quando poi mi siedo a scrivere, accade che tutti gli spunti immaginati scompaiono; si disciolgono in pochi secondi. Il risultato si ribalta lavorandoci. LAVORARE, LAVORARE è L’UNICO MODO. Non ce ne è altro. Coraggio e determinazione, quando pensi che non è possibile trovare, quando ti sei spremuto e stai lì disperato, all’improvviso esce lo zampillo e ti inonda. Arrivo alla fine di un testo stordita, ma “invasata”, è una sensazione esaltante quando ho tra le mani il risultato di tanta “adesione”, a volte è proprio nello stress finale della consegna che arrivano le cose migliori, perché hai il coraggio di andare così a fondo da non avere più paura… creare un’atmosfera, è fondamentale, l’atmosfera…

2) In particolare il lavoro sul corpo e quello sul testo sono due processi separati o l’uno scaturisce dall’altro?

Mentre scrivo immagino delle sequenze; delle “incapacità fisiche” del personaggio che portino il testo ad acquisire una forza e una  vita propria. Non faccio prove o improvvisazioni prima di scrivere. Tutto nasce dal testo. Anche se nei miei lavori la scrittura, può sembrare spontanea, è invece una ossessiva ricerca dell’essenza. Del ritmo che ricrea la vita. La violenza,  la commozione, il dileggio, la sospensione, insomma tutto quello che desidero far provare al personaggio,  deve arrivare dal testo, a prescindere dallo spettacolo che ne nascerà. Non so come risolverò dei movimenti. Uso i testi come se non fossero miei. Inventare  qualcosa da quella scrittura,  dar vita fisicamente a gli stati d’animo, coglierne l’arrangiamento interno, contro la narrazione fisica ed estetica. Spingermi invece verso l’astrazione, ancora più indietro, trovare il calore, rispondere solo a quello, il corpo e l’atmosfera, il peso che deve portare il personaggio, che non sa di essere il disegno di se stesso, non sa di essere visto da fuori. Nella messa in scena attuo una forma di sadismo sui personaggi, come se li spogliassi di quello che loro pensano di essersi tolti, li lascio nudi senza che lo sappiano. È un lavoro di tensione ma molto interessante, devi starci davvero dentro. Tornare adolescenti, bambini, scatenarsi, una disciplina interna, ferrea. Insistere. È un testo nel testo il corpo. Mi sto spingendo  sempre più verso la regia sugli attori e su testi non solo miei. Nella vita siamo circondati da corpi.  In teatro  altero l’immagine,  non rendo tutto riconoscibile nel corpo. Cerco la scia interna di quello che spruzziamo senza saperlo, come nella pittura,  il cubismo. Mi è difficile  vedere  in teatro le scarpe che indossano gli attori, le scarpe di scena, il trucco di scena, i vestiti di scena, mi vengono in mente i  camerini, quel senso di casa e bottega…non so, forse è un mio problema, ma quando li vedo provo una profonda tristezza…

In teatro per me il corpo deve rispondere sempre alla vitalità, non si dovrebbe mai uscire distrutti da un teatro, anche nel testo più crudo, se è autentico, hai sempre una sensazione di energia…  

3) Da dove trai le immagini e le “tracce” che vanno a comporre il tessuto delle tue opere?

Per molto tempo dalla strada. Ora nel silenzio la notte mi domando; “cosa stai vivendo? La tua vita non ha più pericoli?” Pensi solo al lavoro?”Ho bisogno di attraversare con il corpo la vita, ci devo stare in mezzo, sento di aver vissuto anche troppo per essere un arista. Ora sono in una nuova fase..sto cercando di non oppormi al cambiamento ma cerco tensioni diverse, sconosciute. Appena posso vorrei lasciare Roma,  andare a Londra, almeno un po’. Non ci sono mai stata. Roma nel suo essere “san pietrino” e “settecento”, “seicento”,  romano,  gotico e barocco mi sta schiacciando. Vorrei l’asfalto, il cemento, il fumo,la nebbia, la pioggia; mi hanno detto che le periferie di Londra sono bellissime dalle forme molto interessanti. La forma è suono, il suono immagine.

4) Cambia il tuo modo di lavorare quando scrivi su commissione?

No. La tensione che devo smuovere  è la stessa e nonostante mi sia violentata più volte lavorando su temi che sembravano inutili o lontani, alla fine sono riuscita a “ribaltarli”. A farli miei. E’ stimolante ribaltare, farcela nella difficoltà. Scopri linguaggi e immagini inaspettati.

5) Hai scritto molto per il teatro e poco per la televisione; sicuramente questo va un po’ controcorrente. C’è un motivo in particolare?

La mia scrittura spazia con pezzi brevi, comici, drammatici, atti a più personaggi, sceneggiature, racconti. Mi era stato chiesto di fare alcune delle mie performance in tv e in trasmissioni comiche ma non ho mai voluto. Avevo  paura di essere riconosciuta; ho bisogno di stare in mezzo alla realtà, senza che nessuno mi noti. Infatti nei  momenti in cui tutti sono impegnati a lavorare io me ne vado in giro. Un autore deve essere invisibile. Come può assaporare la gioia e la sconfitta, se diventa un personaggio televisivo a cui tutti vogliono bene e che riconoscono ?? Ma in questo ultimo periodo sento che ho bisogno di misurarmi con altri strumenti, il video, l’immagine…mi sono detta, che dovevo rischiare e ampliare il mio gruppo di spettatori. Sto lanciando un mio lavoro su youtube “Cento cretine” , sta piacendo molto e io mi sto divertendo… per ora lo sto producendo io e spero in un finanziatore futuro, avevo provato a proporlo in tv, a Rai Tre mi hanno detto: “è troppo bello per Rai Tre”

6) Lavori da sola oppure hai una tua associazione?

Ho aperto una associazione culturale nel 2006 per i miei spettacoli di teatro. La fase della scrittura teatrale è solitudine, La messa in scena no. Ho dei fedelissimi collaboratori, come ad esempio Marco Tecce. Un genio. Devo molto a lui. Sceglie tutte le musiche per le mie colonne sonore. Non c’è persona che non mi chieda copia dei cd finito lo spettacolo. Un elemento che alza molto il livello del mio lavoro. E poi ho un gruppo di giovanissimi che mi segue. Mi piacciono le persone vitali, le personalità, ma che siano soldati nel lavoro.

7) I tuoi lavori rientrano nel filone del “Teatro Indipendente”, quali sono gli elementi che secondo te definiscono questo campo teatrale?

Chi non si piega alla sua immagine, chi per primo nella sua vita è un indipendente. Chi non s’inchina al proprio talento. Chi mette in discussione tutto. Chi non si accontenta, chi non trova una formula ripetendola in eterno. Distruggere ogni volta. Ricominciare, schernirsi delle mode, dei costumi. Allo stesso tempo è importante avere un dialogo uno scambio con l’istituzione, che non può creare talenti, ma essere in grado di intercettarli,  senza  avere paura degli artisti. Molti sono codardi e hanno paura. Se non sanno inquadrarti fanno finta che non esisti ma i veri indipendenti “se ne fottono”e in un modo o nell’altro ce la fanno sempre. Anche a distanza di tempo, l’Arte vince sui burocrati. 

8) Stai lavorando su vari progetti teatrali, ci puoi dare qualche anteprima?

Tre progetti a cui tengo moltissimo. Uno il più ambito, perché ci sto dietro davvero da anni, non posso dirlo per scaramanzia ma si tratta di un docu-film… Mentre “Cento cretine”, è nato da una immagine; i negozi sono gli stessi ovunque, in tutto il mondo, scandalizzarsi, come diceva Moravia, è una cosa inutile. Un artista non dovrebbe mai farlo…In questo lavoro io cerco di usare quello che ho intorno, calandomi nella situazione reale; da qui l’idea di usare le vetrine dei negozi come fossero un acquario, dando vita ad una sorta di separazione tra me e il passante che guardando da fuori non sente quello che dico e faccio nelle mie performance. Sperimentare frammenti del mio linguaggio nelle vetrine, usando l’astrazione data dal video..Per il teatro ho due lavori uno che spero di fare presto, “Bocconi amari-Semifreddo” due atti a 5 personaggi sulla famiglia e la deformazione dei rapporti familiari nella crisi economica. E, “Donna numero 4” scritto per Triennale di Milano ed EXPO2015, sul tema del cibo, che farò in aprile al Teatro Vascello di Roma…

 

Grazie Eleonora. Per maggiori informazioni collegarsi sul sito: http://eleonoradanco.wordpress.com/ dove troverete le recensioni e il materiale fotografico degli ultimi spettacoli. Su Facebook  si rimanda a compagnia eleonora danco.

 

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