“Mockba Underground”, la rivoluzione cortese degli artisti della steppa

Andrea M. Campo. Nella coralità di un’azione di “destalinizzazione”, sulle orme della politica populista di Chruscev, nelle terre moscovite del trentennio postbellico fiorì una clandestina mutazione culturale dai profondi legami territoriali. Fenomeno “sotterraneo” dalle tentacolari estensioni emotive, questo eterogeneo gruppo di artisti si realizzò in una formazione priva di una reale matrice distintiva e di un motivo dialettico ma ugualmente caratterizzata da una forte identità intellettuale. Erano artisti non schierati che, estranei al sistema totalizzante della comunicazione canonica dei canali statali o viceversa dei contestatori -che per sua natura all’apice della sua evoluzione s’identifica con la prima-, si liberarono dall’impegno politico a favore di una ricerca senza vincoli retorici e finalizzata all’educazione delle proprie arti: così raccontava l’artista Jurij Sobolev “Non avevamo una piattaforma artistica comune o degli orientamenti precisi. Si trattava solo di andare a visitare gli studi dei pittori, scambiarsi informazioni, imparare assieme. Nient’altro”.

Dal finire degli anni ’50, tra Mosca e Leningrado, il corposo gruppo di artisti underground costituì una fitta rete di scambi, di idee, di progetti oggi riportati sotto i riflettori  con la mostra “Mockba Underground – pittura astratta dal 1960” fino al 19 novembre presso gli Spazi Espositivi dell’Università Ca’ Foscari (Dorsoduro 3246, Venezia; Catalogo: Virtual’naja Galereja, Mosca -italiano e russo-). La mostra raccoglie 110 opere della Collezione Aleksandr Reznikov, con autori quali Elij Bljutin, Julo Sooster, Vladimir Jankilevskij, Lidija Masterkova, Il’ja Kabakov (e molti altri) in un percorso espositivo curato da Giuseppe Barbieri, Silvia Burini, Nikolaj Kotrelev e Sergej Aleksandrov, costruita secondo un quadro esauriente dei percorsi quotidiani della vita della controcultura russa. Come spiegato in una nota introduttiva, è difficile inserire queste opere, prive per loro natura di affinità stilistica, in un cammino concettuale omogeneo. “Una delle indubbie caratteristiche dell’andegraund (sic) moscovita è una sorta di forte plurilinguismo stilistico o, riprendendo un’espressione di Viktor Pivovarov, di una mancanza di stile. Gli artisti non-conformisti non aspiravano a far valere un dissenso politico in modo ufficiale, di gruppo: il loro era, piuttosto, un personale dissenso linguistico, che si traduceva nel semplice desiderio di poter usare una lingua diversa da quella ufficiale. Non si configura così alcun eclettismo: ogni artista lavorava infatti in modo del tutto autonomo, per cui era molto difficile entrare in comunicazione con gli altri, e inoltre ognuno sceglieva spesso di mettere al centro della propria arte se stesso”. Nel percorso espositivo sono presenti un’esatta ricostruzione dell’ambiente domestico degli artisti e un tavolo multimediale con la pianta della città di Mosca, con le immagini storiche dell’arte non-ufficiale nonchèe un’ampia serie di frame cinematografici sui temi dell’epoca. Infine, una sezione con le biografie degli artisti esposti e una serie di album fotografici, personali e di gruppo.

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