Fantasmi al Louvre

Alessandro Cochetti. E’ sempre un evento importante poter vedere un autore di fumetti, settore non proprio beneamato tra le alte sfere dell’élite artistica, esposto in un museo. Soprattutto poi se quel museo è IL museo, il Louvre di Parigi, allora deve per forza esserci qualcosa di incredibile sotto. Che il fumetto abbia dell’arte tutti i connotati, ovvero un suo linguaggio, una tecnica (o più d’una), ed un proprio messaggio deve forse sembrare strano al nostro paese, ma è quello che invece in molti pensano ormai da svariati anni. L’esposizione Les Fantômes du Louvre dell’autore serbo-francese Enki Bilal, pur non avendo (forse) nelle sue premesse questi concetti, ne è però sicuramente una realizzazione emblematica.

Passeggiando tra le pareti della Salle des Sept-Cheminées dell’ala Sully infatti, fino al 18 marzo si potranno osservare le tavole dell’artista: fantasiose riletture del tema di Belphégor, il fantasma del Louvre. Ogni tavola incastra perfettamente le opere stesse dell’importante museo, fotografate da Bilal e stampate su tela, con disegni di fantasmi realizzati in acrilico e pastelli. Ogni fantasma ha poi un legame, un intreccio particolare con l’opera su cui si aggira: legame che è stato fittiziamente inventato poi dallo stesso autore, che è partito da spunti storici per raccontarci perché un determinato fantasma ha deciso di “prendere dimora” in quella specifica opera d’arte. Il risultato è appunto quello di cui parlavo, ovvero un incontro tra il mondo del fumetto, rappresentato dalle immagini fumettistiche riconoscibilissime di un importante artista quale è Bilal, e quello dell’arte con la “A” maiuscola, ovvero le riproduzioni delle stesse opere del museo.

Delle oltre 400 fotografie che ha personalmente scattato, Bilal ha fatto una selezione delle 23 più riuscite, su cui ha poi dipinto il fantasma descrivendone anche una breve biografia che si può leggere accanto ad ogni quadro. Biografie che, senza neppure bisogno di dirlo, hanno tutte quella particolare e complessa trama tipica delle storie a cui Bilal ci ha abituato nella sua ormai più che trentennale carriera artistica, iniziata nel tempio del fumetto francese per eccellenza, quello degli humanoïdes associés. Cosí, ad esempio, passando vicino alla foto di un antico elmo corinzio del settimo secolo a.C. (fig.1), possiamo vedere al suo interno un volto femminile che ricorda la bellissima “donna trappola” della Trilogia Nikopol, e scoprire che il suo nome è Hécube, nata nel 691 a.C. sotto il tiranno Pheidon, vissuta come un uomo e addestrata all’arte della guerra come oplita, violentata dai suoi compagni che ne scoprono la vera sessualità e infine morta per mare, dopo una furibonda battaglia su una nave-ospedale affondata al largo delle coste del Peloponneso, mentre indossava ancora il suo elmo corinzio. Oppure possiamo imbatterci nel celebre dipinto di Eugene Delacroix Jeune orpheline au cimetière (fig.2), dove al suo fianco possiamo leggere la vita di Lantelme Fouache, uomo violento e alcolizzato vissuto nella Parigi del diciottesimo secolo, ucciso da quella sua stessa figlia che maltrattava e violentava e che poi sarà immortalata in questo quadro proprio dal celebre pittore francese, subito dopo l’assassinio di Lantelme. Storie dunque, che Bilal stesso ci spiega come ‹‹drammatiche e violente al punto giusto, che incrociano la realtà storica ma che possono anche ogni tanto allontanarvisi›› poichè ‹‹lo status di fantasma è apocrifo per essenza››.

Dalla Gioconda di Leonardo alla Stele del codice di Hammurabi, una serie di 23 opere “possedute” dai fantasmi dell’immaginario di un artista che con la sua opera si guadagna il posto tra le mura più prestigiose del mondo dell’arte.

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