Robert Mapplethorpe sotto l’albero

Mimmo Vestito. Posso benissimo capire perché mi sia stato chiesto, nonostante la mia inesperienza in critica fotografica, di scrivere un articolo sulla mostra di Robert Mapplethorpe a Milano. Non capita spesso, e non capita a tutti, di avere la fortuna di poter ammirare gli scatti di uno dei fotografi più sofisticati, innovativi ed influenti del secolo scorso, ecco perché. Se fossi in Voi, chiederei a Babbo Natale di farvi trovare sotto l’albero un bel biglietto per quest’evento, e magari, se siete stati bravi quest’anno, anche un biglietto per Milano.

La Fondazione Forma per la fotografia, in collaborazione con la Robert Mapplethorpe Foundation, ospita la sua retrospettiva,  in 178 scatti, fino al 12 aprile 2012. Avete del tempo sì, ma non procrastinate inutilmente. La città potrebbe anche essere più bella sotto il periodo natalizio.

Prima di parlare della mostra in sé e delle foto, vorrei riportare in maniera sintetica alcuni notizie biografiche sull’artista, questo perché personalmente penso che sia impossibile parlare di arte senza cenni alla sua storia.

Nato nel 1946, Robert Mapplethorpe frequenta il Pratt Institute, nei pressi di Brooklyn; lì studia disegno, pittura e scultura e da lì a poco comincerà a produrre le sue prime opere: assemblages con ritagli di giornali e libri. Il suo approccio alla fotografia è graduale, dapprima con la sua prima polaroid e poi con una macchina di medio formato; nel frattempo, anche il suo linguaggio e il suo sguardo si evolvono : dagli scatti acerbi delle istantanee dei primi anni ‘70 fino alle eleganti e raffinate fotografie dei tardi anni ’80. La sua vita è segnata da incontri importanti, primo fra tutti quello con Patti Smith, sfociato in un sodalizio personale ed artistico, poi con Lisa Lydon, campionessa di bodybuilding la quale diventerà  l’oggetto di una serie di scatti celebri.

L’anno dopo l’apertura di una retrospettiva dedicatagli al Withney Museum of American Art, Mapplethorpe si spegne ,nel 1989, a causa dell’AIDS, diagnosticata tre anni prima.

Dopo questo excursus, comincio con piacere a descrivere la mostra. Gli scatti, racchiusi in cornici scure a passepartout bianco su pareti dello stesso colore, sono raccolti non secondo criterio cronologico, bensì per tema, come ad esempio polaroid, autoritratti, nature morte, ritratti ecc. E’ interessante poter osservare in questa mostra l’evoluzione stilistica, formale e compositiva del fotografo attraverso il confronto tra le prime polaroid  e le fotografie mature della sua ultima produzione. Le istantanee, una vera rarità, denotano, come in parte ho detto prima, uno sguardo artistico ancora in  evoluzione: le immagini sono grezze, rudi nei loro colori freddi o in bianco e nero, e riprendono protagonisti e ambienti dell’underground newyorkese; fonte infinita di ispirazione per Mapplethorpe, questa grande mela popolata da artisti, musicisti, omosessuali ispirano  ritratti introspettivi, ma anche estremi, colti con certo gusto voyeristico.

La vera arte del fotografo si esprime in tutta la sua bellezza nelle opere successive, foto che molti di noi forse già hanno visto, anche solamente per caso. L’oggetto di studio meticoloso, di ricerca e celebrazione nella ricerca fotografica diventa il corpo umano, principalmente maschile, ritratto nelle sua forma migliore. Attraverso scatti rigorosi, composti e dettagliati, mediante il personalissimo uso di un bianco e nero corposo e fortemente contrastato,  la virile fisicità diventa simbolo di perfezione, l’ideale ultimo da raggiungere. I muscoli, tonici e in tensione, disegnano delle armoniose geometrie di curve e proporzioni che sembrano richiamare i canoni estetici greco-romani. Analogo è lo sguardo utilizzato dall’artista nelle foto delle sue celebri nature morte: esse hanno per protagonisti principalmente i fiori. Palesemente carichi di allusioni falliche, essi sono elegantemente immortalati in un perfetto equilibrio di forme e colori: le prime scandite dalle linee morbide degli steli, dei petali e dei vasi insieme con quelle spezzate delle mensole o dei tavoli su cui si trovano, i secondi con la creazione di un surreale ed ipnotico bianco e nero, distribuito nella densa oscurità degli sfondi e nel candore oltre che nella luminosità dei fiori.

Una menzione particolare meritano gli autoritratti di Mapplethorpe. Sfacciati e irriverenti, colgono l’artista nelle pose più disparate, in sorrisi beffardi, con costumi ed accessori di vario genere, lasciando forse trasparire la sua vera personalità: anticonformista, stravagante e provocatoria. Qualcosa che colpirà di certo il pubblico, e in particolar modo gli appassionati di musica, sono i ritratti a Patti Smith. La cantautrice americana riesce a trasmettere in queste foto il fascino androgino che la contraddistingue: la sua anima Punk sembra sbucare fuori dalle stampe -complici gli occhi spiritati- i suoi sguardi penetranti e il morbido bianco e nero.  Non tutti sanno tra l’altro, che la copertina del suo primo album, il capolavoro Horses,  è uno di questi scatti.

Il Natale è ormai alle porte, se ancora non avete scritto le vostre letterine siete ancora in tempo per chiedere quello che già sapete. Se non riuscite ad aspettare o avete già richiesto qualcos’altro fatevelo da soli questo regalo, tanto lo sappiamo tutti che Babbo Natale non esiste (più).

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