Disgustosamente delightful

C.S. Il 7 giugno 2011, alla 54ma Biennale d’arte di Venezia, vinse il Leone d’Oro il Padiglione tedesco “Egomaniac”; questa volta rappresentato dall’artista postumo Cristoph Schlingensief.

Schlingensief era stato conosciuto mondialmente come personaggio polifacetico[1], artista, scenografo, scrittore e regista tra tante altre; famoso per essere odiato, amato, elogiato e massacrato dalla critica e dai suoi spettatori.

Durante la sua breve ma fruttifera carriera artistica si distinse per il suo voler mettere in luce temi politici, sociali, culturali e storici della Germania tramite l’uso di un’estetica trash e un linguaggio fortemente politicizzato, che sottolineava il suo spiccato ardimento.

Nel caso della Biennale di Venezia, i suoi lavori, nel Padiglione curato da Susanne Gaensheimer, non erano un eccezione, ma questo rappresentava proprio un sunto del suo  percorso.

All’ ingresso lo spettatore lasciava alle sue spalle l’aria gioviale e serena dei Giardini per immergersi nell’ immaginario di Schlingensief; il facsimile di una chiesa (scenografia della “Church of Fear vs the allien within”, 2008) li accoglieva come i figli di Dio accolti dal padre all’ entrata di casa, tra una marea di oggetti e di proiezioni di vario tipo che li sublimavano, lasciandoli senza fiato.  Davanti al kino  il risultato era simile, si osservavano facce scioccate, allibite e disgustate dall’impatto con i suoi film.  Una tenda rossa separava la sala di proiezione dall’esterno, una locandina attacata alla parete elencava sette titoli in tedesco ed in inglese ( Für Elise, 1982; Egomania. Island without hope, 1986 ;  Menu Total, 1985;  The German Chainsaw Massacre. The first Hour of German Reunification, 1990; Terror 2000. Intensive  Station Germany, 1991; United Trash, 1995-6. ) ed una piccola nota preparava gli invitati all’ essere pronti (a)nel vedere dei film con un alto contenuto sessuale e di violenza.

Dentro, carne svettava dai vestiti, grida strillanti, frasi senza senso, rumori di piacere e sangue fuoriuscivano dai corpi ricordando l’estetica dei B-movies, degni di essere visti nei vecchi cinema a luci rosse degli anni ‘50: la cacofonia del bizzarro era diventata protagonista.

Un caso similare é quello del cortometraggio Occhi di vetro cuore non dorme  di Gabriele di Munzio vincitore del premio della Giuria nella categoria Italiana.Corti  del Torino Film Fesival.

 In esso si alternano confusamente immagini delle manifestazioni tunisine in appoggio alla causa araba e immagini di due giovani prostitute che raccontano il loro vissuto. L’autore  in modo trasversale tenta banalmente di raggiungere l’obiettivo di fare una specie di ritratto della “Post-pornografia del conflitto sociale globale”[2]; lasciando lo spettatore con un vuoto sensoriale e  con l’idea che la sua soggettività nel trattare il tema non permetta di intravedere l’obiettività e la diplomaticità dell’idea di conflitto sociale.

Due esempi di come tramite un’ estetica trash e inadeguata si tenti di fare un ritratto spinto di temi tabù per la nostra società. Sia in modo brillantemente riuscito come lo fa Schlingensief che con le sue immagini  e i suoi contenuti  fortemente violenti, sessuali e contrastanti, genera un senso totale di disgusto, piacere, sbalordimento, senza perdersi nei mezzi toni, che, nel caso del giovane regista italiano, oltrepassandone i limiti e l’adeguatezza  in modo misurato,  non stimolando la percezione né visivamente né sensorialmente.

Questi due artisti e i loro lavori video permettono di chiedersi se un linguaggio bizzarro, spinto e inadeguato, che tenti di andare oltre i limiti etici e morali, porti a una auto-riflessione e possa mettere sul lastrico la capacità di dare un giudizio che non sembri puritano, in una società dove, nel senso ampio della  parola, sembrano non esistere limiti di nessun tipo.


[1] Polifacético: (Esp.) multiforme, poliedrico.

[2] Rivista del programma del 29° Torino Film Festival, 2011.

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