Goudemalion

Pantere glam e allegra chirurgia

di Anna di Jorio

 Per Jean Paul Goude può dirsi concluso il tempo della falsa modestia, ammesso che ne abbia mai vissuto uno. Il museo delle Arts Décoratifs di Parigi celebra i suoi 40 anni di carriera con la mostra, “Goudemalion. Jean Paul Goude une retrospective” (fino al 18 marzo). Allestita come un’unica grande installazione, la retrospettiva è un viaggio ritmico e simbolico nello “stile Goude” o “Goudemalion”, una mitologia personalissima declinata in tutte le latitudini della creatività, dall’illustrazione alla fotografia, dalla pubblicità alla musica e alla moda.

Ha saputo attraversare quasi tutti i linguaggi dell’arte contemporanea con lo spirito di un visionario e il coraggio di un prometeico “image maker”. Un percorso che “viene tutto dal disegno” come afferma lo stesso Goude, per trasformarsi in grafismo, illustrazione, fotografia, affiche, scultura, video; in ogni caso un’opera d’arte dall’ideazione complessa. Sono immagini artificiali frutto di “esperimenti creativi” al limite dell’architettura. Goude ritaglia e ricompone. E come un mago che svela i suoi trucchi, definisce con ironia la sua tecnica French Correction. Trasforma e redime l’immagine dalla sua coerenza con la leggerezza che solo gli anni Ottanta potevano suggerirgli. È un allegro chirurgo. Gioca. Ma i suoi “interventi” sull’immagine sono senza censura. Plasma un universo talvolta impudico, comico e sexy. Attraversa le barriere culturali, razziali e sessuali proponendo allo spettatore non solo un’esperienza visiva ma anche provocatoria, in perfetto stile Eighties.

Così perfettamente in linea con lo spirito dell’epoca, nel 1989 Goude riceve l’incarico di curare la regia e i costumi della sfilata per il Bicentenario della Rivoluzione Francese. Alla parata il contingente inglese marcia con le divise zuppe d’acqua perché in Gran Bretagna piove sempre.

È una delle sontuose ballerine di valzer nere create per questa sfilata, bambola automatica dotata di un’immensa gonna a forma di semisfera, ad accogliere il visitatore all’ingresso della mostra. Subito dopo, delle bambole russe scivolano sul pavimento davanti alla locomotiva del Bicentenario che troneggia al centro della grande navata. Segue la ricostruzione di un filmato pubblicitario diretto nel 2002 per Chanel Joallerie. Ai lati centinaia di foto, immagini, montaggi, manifesti, schizzi, bozzetti e disegni – 600 in tutto – soprattutto di donne amate dall’artista. Una fra tutte la modella e performer giamaicana Grace Jones, sua musa ideale, la diva delle notti newyorkesi: cura il suo look e addirittura collabora al video musicale di Slave to the Rhythm nel 1985. In Cry Now, Laught Later, uno dei suoi ritratti più celebri, la posa felina, lo sguardo spietato fanno di lei un’entità ambigua ed enigmatica, tra l’umano e la bestia.

È lo stile di Goude, selvaggio e primitivo, in cui la natura umana subisce un processo di ibridazione con la natura animale. Per questo in parte precursore del Post-Human anni Novanta, che per influsso delle biotecnologie e della manipolazione genetica, concepisce l’uomo come oggetto modificabile, smontabile e riassemblabile. Certamente in Goude è totalmente assente il dialogo arte-scienza. La sua “apologia dell’artificio” è priva delle tensioni apocalittiche e inquietanti che si ritrovano in artisti come Matthew Barney e Vanessa Beecroft. “L’elfo di Saint-Mandé” vuole dare forma e colore ai sogni della gente.

Ciò è ancor più evidente nel suo impegno da pubblicitario. Leggendario l’harem di donne tradite che urlano “Egoïste” dalle finestre dell’hotel Negresco di Nizza, sulle note del Romeo e Giulietta di Prokofiev, per la fragranza maschile di Chanel. Per Coco, Vanessa Paradis, uccellino in gabbia sensuale e nostalgico, raffinato e decadente. Non c’è l’urgenza di pungere il consumatore con un messaggio preciso: lo sforzo creativo è tutto orientato a suggerire un immaginario dai contorni onirici, sprovvisto di testo, indeterminato e sfuggente.

Leggère e ironiche sono le campagne pubblicitarie realizzate per i magazzini Lafayette. Laetitia Casta, splendida testimonial, non l’unica, divertente e divertita. Ora nei panni di una stravagante sposa che tiene tra le braccia una leggenda della musica francese, Henri Salvador, ora irriverente bellhop sull’attenti. Quest’anno Goude propone un Iggy Pop sospeso in una smorfia tra cattiveria rock e buonismo natalizio. Di sicuro fa un certo effetto vedere il padre del punk con il cappellino da Babbo Natale e le scarpette rosse tutte cromate, ma Goude è anche questo: provocazione, ambiguità, un sorriso scanzonato ed eretico capace di smascherare i miti e le icone di un’epoca.

 

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