Notes On Glitch

Pasquale Fameli. Nell’ attuale clima di livellamento e delegittimazione del sapere[1], l’artista può spingersi a ricercare l’imperfetto, l’erroneo, l’indeterminato; tutto ciò non senza una proficua connessione con le neo-tecnologie che, attraverso le loro logiche di utilizzo e di fruizione, si costituiscono quali paradigmi materiali dell’orizzontalità e della decostruzione epistemologica. Tra le innumerevoli forme di sperimentazione artistica contemporanea, la più puntuale nell’esprimere tale condizione è la Glitch Art, che canalizza errori e disturbi digitali nella produzione artistica, partendo dal presupposto che proprio il malfunzionamento riveli l’essenza primaria, lo specifico, del mezzo neo-tecnologico.

I nuovi media sono simulatori di informazione visiva e sonora la cui destrutturazione genera istanze estetiche nuove e nutrienti, svincolando il mezzo dal suo convenzionale ruolo di tramite per restituirgli la possibilità di una piena autodeterminazione di senso.

L’intervento decostruttivo sul mezzo e i suoi oggetti quali file audio e immagine, operato nei meandri della codifica che li costituisce, pone l’approccio operativo su una linea processuale e analitica, la cui freddezza concettuale viene compensata dalla caleidoscopica frammentazione delle forme e dagli accesi cromatismi dei risultati visivi. Il metodo compositivo si basa così sull’indeterminatezza e la casualità, prerogative della tipica configurazione aperta[2] dell’opera contemporanea. Non meno interessante è poi il lavoro sui file video, dove la corruzione o l’alterazione del codice rivelano come il video digitale sia un continuum numerico in cui la suddivisione in fotogrammi è solo una convenzione di comodo; vengono pertanto ad annullarsi la linearità temporale e la rigida separazione delle sequenze, che collassano l’una nell’altra, si compenetrano nel loro svolgersi attraverso una gradevole erosione di pixel, generando concatenamenti formali a metà tra astrazione e figuralità frammentata.

Ci si trova dunque di fronte a un nuovo particolare tipo di “concrezione”, fatta di forme autoreferenziali ma non eidetiche come, ad esempio, quelle del neoplasticismo di Piet Mondrian, poiché vengono ora desunte dalla tecnologia e presentano dunque un carattere fortemente mondano, esperienziale. Il Glitch Artist può, infatti, darsi anche ulteriori possibilità di approccio operativo come, ad esempio, compiere il semplice prelievo di errori digitali “trovati” ­- non direttamente provocati – secondo la poetica duchampiana del ready-made, per poi riproporli in nuovi contesti di fruizione, lasciando che l’impatto visivo sottometta temporaneamente il freddo rigore concettuale della trasposizione tale e quale. Siamo qui in presenza di quello che Guido Bartorelli[3] definisce un “concettuale pittoresco”, per cui le due linee del noetico e dell’estetico, un tempo parallele, possono ora diventare tangenti.

L’entropia e la casualità della poetica Glitch trovano dunque significative corrispondenze strutturali nella dinamica caoticità dei flussi di comunicazione e informazione del web, dove gli assiomi e le verità assolute si sgretolano per lasciare il posto al molteplice, al contraddittorio e all’erroneo, in una inevitabile deriva di senso. Ne emerge immediatamente l’idea della Glitch Art come di una sorta di wabi-sabi[4] tecnologico, ovvero di un’estetica dell’imperfezione coniugata all’elettronica più avanzata, dove la corruzione e l’alterazione delle varie istanze visive e sonore vengono intese positivamente e recuperate per il loro vitalistico impatto sensoriale.



[1] Cfr. J-F. LYOTARD, La condizione postmoderna (1979), trad. it., Feltrinelli, Milano, 2007, pp. 69-76.

[2] Secondo l’accezione di U. ECO, Opera aperta, Bompiani, Milano, 1962.

[3] La nozione ricorre in G. BARTORELLI, I miei eroi: note su un decennio di arte da MTV a YouTube, 1999-2009, CLEUP, Padova, 2010, p. 76.

[4] Per approfondimenti su tale concetto cfr. L. KOREN, Wabi-sabi per artisti, designer, poeti e filosofi, trad. it., Ponte alle grazie, Milano, 2009.

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