Astri in Azione a Milano

Luigi Ghirri, Elia Festa, Mario Giacomelli, Paul Thuile, Jorma Puranen.

Come mezzo di espressione filmico, come rapporto esistenziale tra l’essenza incantatrice delle forme e l’amena successione dell’eventualità: in un piccolo spazio di Milano (via Trebbia 33) i fotografi raccontano la luce e le sue dinamiche. Fino al 27 aprile la mostra Astri in azione, collettiva di Photology che sviscera le dinamiche di appropriazione del risultante fotografico secondo i principi della luce. Uno studio sul rapporto formale del colore, sull’anedottica interdipendenza   del bianco e nero dove la luce è al tempo stesso significante e significato, ideale idiosincrasia dell’osservazione nel suo accennarsi. E’ il moto che sottende e anticipa la percezione, indica -ancor più che rappresenta- il vero veto dell’arte fotografica, quel gesto che trasfigura la carne e sublima la matericità dell’oggetto: ogni corpo trova la propria forma di espressione nelle categorie infinite che contemporaneità propone. Lume sicuro, si rifugia così nei grandi interpreti del secondo Novecento, consacrando, con una piccola collettiva, il celebrato artistico dello scatto, senza il rischio di difendere e promuovere contro i giganti, il nuovo. Luigi Ghirri, Paul Thuile, Elio Festa, Mario Giacomelli sono solo alcuni dei nomi presentati in questa collettiva in cui, come afferma Jorma Puranen (anche lui presente in mostra) si esalta il ruolo della luce  che “diffonde e tempera i colori riflettendo e celando la vera forma sottostante la tela”.

Nell’ossequio ai diktat della tecnica, nello sdoganamento esteriore dei codici stabiliti, dove trovare ancora l’impeto per una confessione terribile come quella della fotografia, mutevole forma dell’ordinario esserci? Inquadrati in orbite concettuali, spesso evanescenti e fuorvianti, resta il convincimento che lo studio della gravitazione del cosmo, sia dell’uomo il mezzo più consono per esprimere le potenzialità che egli sente e che l’universo suggerisce. Il fiato eroico della poeticità si perde così afflitto e sconsolato dietro al finto virtuosismo del provare, senza l’estremo dolore che solo il rivelare della luce può veramente comunicare.

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