Esperimenti di Luce

Silvia Elisa Bordin. La sperimentazione sulla gestione della luce dovrebbe essere per qualsiasi fotografo il principale campo di ricerca. Ma sappiamo tutti che la faccenda non è così semplice: sarebbe come dire che a un cuoco basti conoscere perfettamente gli effetti del fuoco sugli alimenti!

Così come un cuoco deve conoscere in primis gli alimenti stessi, così un fotografo deve imparare a conoscere gli oggetti sul quale la luce rimbalza, tenendo conto del fatto che la luce è materia capricciosa, e riserverà sempre qualche margine di imprevedibilità (…) che è anche il bello del nostro mestiere.

Nella mia ricerca, ho deciso di focalizzarmi fin da subito sulla figura umana.

Il volto, e l’intera figura, possono venire illuminati in mille modi, ci si può concentrare solo sulla figura ritratta, ad esempio in studio, oppure sulla figura ambientata, in location.

A scuola normalmente insegnano due schemi classici: la cosiddetta “scatola bianca” per i primi piani, che elimina qualsiasi difetto dal volto, ma toglie anche ombre, volume, tridimensionalità, rendendo tutto piatto. E poi lo schema da “luce caravaggesca“: softbox laterale o di tre quarti, magari arricchito da controluce nei capelli.

Personalmente, non amo molto questi due schemi, principalmente perché all’occhio di un professionista sono perfettamente riconoscibili. Quello che normalmente mi affascina, nelle foto dei colleghi, è la capacità di addomesticare la luce naturale, oppure di rendere totalmente surreale la luce artificiale, come in quelle notti magiche in cui la città ti sembra un presepe vivente.

La luce naturale che io definisco “addomesticata” viene chiamata in gergo tecnico luce mista, ed è la mia preferita in assoluto. Io di solito parto da quello che ho: misuro la luce ambiente, imposto la camera su quella, e poi aggiungo quel po’ di luce artificiale che mi serve per schiarire le parti troppo in ombra.

Nell’esempio 1, la luce del sole filtrava dalla grata formando delle chiazze che trovavo decorative sul volto della modella, ma se avessi sfruttato solo la luce naturale, il viso sarebbe risultato totalmente nero, così ho schiarito con un colpetto di flash frontale ammorbidito da un piccolo softbox.

Nell’esempio 2, la luce penetrava morbida dalla finestra e andava a illuminare bene la poltroncina,  lasciando in ombra la protagonista della mia foto. Volendo creare un effetto notturno e un po’ hot, ho piazzato un neon portatile rosso a destra dell’immagine. Poi ho dovuto regolare la temperatura colore sulla camera per compensare l’effetto troppo rosso. Il rosso è diventato meno evidente, ma il colore neutro che penetrava dalla finestra è risultato blu. Il conttrasto mi piaceva e l’ho lasciato così, correggendo leggermente in postproduzione il colore sul viso della modella, in modo da creare al centro una zona neutra.

I colori delle luci artificiali di notte mi hanno sempre colpito, per questo sfrutto spesso gelatine da cinema per ricreare l’effetto di neon e faretti, alterado la luce del flash che è tarata sul colore bianco.

La foto 3, è un notturno realizzato con un trucchetto. La foto è scattata sfruttando le luci naturalmente presenti, col sistema hdr: tre foto scattate a cavalletto con esposizioni diverse, infine fuse per recuperare le alte e le basse luci. Questo sistema, anche se ingegnoso, naturalmente non consente di fotografare le stelle, che sono aggiunte in postproduzione, e in realtà non sono stelle ma…brillantini.  I brillantini dorati erano stati precedentemente fotografati in studio, su sfondo nero,  semplicemente lanciati in aria, illuminati in controluce da un flash. Infine sono stati fusi con la tecnica di fusione di livello.

L’esempio 4, è invece uno schema di luce classico, il secondo tra quelli citati sopra; in questo caso l’ho usato perché trovavo interessante il fatto che il faretto in controluce non andasse a colpire direttamente i capelli, bensì il lampadario di cristalli, creando un divertente effetto patinato che si abbinava perfettamente al tipo di lavoro richiesto. Per ricreare l’effetto di luce gialla che caratterizza le lampadine, ho collocato un pezzetto di gelatina correttiva sul flash dietro al lampadario.

Concluderò le mie riflessioni con una tecnica che mi ha appassionato per un po’ di tempo: la cosiddetta pittura di luce.   Si tratta semplicemente di una sperimentazione sui tempi lunghi.   Scattare una foto al buio con tempi mlto lunghi è un po’ come trovarsi una tela bianca da dipingere. Al posto del colore, puoi usare la luce e lo puoi fare in molteplici modi.

L’esempio 5, è una foto realizzata con l’uso dei flash. Non si tratta di fotomontaggio né doppia esposizione. Regolando la camera su un tempo sufficientemente lungo, ho “inseguito” la modella con un flash, azionandolo a mano.

L’esempio 6, è invece realizzato dipingendo letteralmente la modella con una torcia elettrica. Le microvibrazioni del corpo rendono formidabili effetti di deformazione del volto, per questo ho nominato l’intero progetto sformidable.

In sintesi: spesso non è necessario possedere elaborate attreezzature da studio per muovere i primi passi verso un buon ritratto o una buona foto di moda. Gli esperimenti si possono fare con quello che si ha attorno, semplicemente osservando, e spesso rischiando di sbagliare, ma ottenendo così anche effetti sorprendenti, che è difficile prevedere a tavolino.

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