L’uomo urbano nella visione di Antony Gormley

Paola Pluchino. Artista dal lungo e importante curriculum – tra queste le incursioni alla Biennale di Venezia e alla Documenta 8 di Kassel – Antony Gormley, londinese classe 1950, inaugura il 28 aprile alla Galleria Continua di San Gimignano una mostra elegante e sofisticata che simula la percezione dello spazio urbano all’interno del contesto museale. Puntellato da un ricercato fervore teorico, il nuovo progetto intitolato Vessel muove verso l’interazione dell’uomo con l’architettura, ibridando e sintetizzando i vari elementi nel “totem” dell’uomo architettonico: la visione “gormleyana” rivela cosi, nel gioco dei bianchi e dei neri, una rete di tangenze con le costruzioni minimali di Richard Serra.

Come i grandi dell’architettura, Gormley indaga sulla ricostruzione di un mondo arte che si presta alla scomposizione dello sguardo; le sue opere sembrano il frutto della disgregazione retinica, la ripartizione “ a pixel” proprie della contemporaneità. In questa nuova realtà l’ uomo -e il suo mondo- sono costruiti seguendo coordinate geometriche, principi della processione matematica della simmetria in strutture simboliche della sintesi visiva.

Un dodecafonico gioco, duro e primordiale, fatto a blocchi materici (blockwork), studi di ricerca che affondano le radici nella rete dei multiversi che si sviluppano nello spazio della percezione proponendo allo spettatore un’idea del mondo normalizzata, una rappresentazione accessibile e gradita poiché la sua riproduzione formale è espressa secondo i canoni estetici facilmente riconoscibili e per questo accattivanti.

La potenza espressiva di Antony Gormley si fonda sull’abile trattazione dell’elemento uomo –e dunque anche dell’elemento natura-  con fare geometrico e rigoroso, ed eliminando, se non nell’approssimazione delle forme, la linea curva quando espediente primo dell’armonia creativa. È questo il caso delle quattro opere presentate sotto l’ala protettrice del memento mori della bolla, simbolo eccellente della vanità, (che hanno in SUM il contrappunto) che qui si espande, dall’altezza della nuvola al basso, poliedrico e solido  pavimento.

Nell’universo di Gormley non c’è spazio che per l’architettura e per la costruzione artificiale e post umana del corpo urbano: affacciano alla ribalta dello spettatore divenendo punto di rottura nella percezione fenomenica della mostra; così è nell’umano che attraversa le pareti virtuali della Breathing Room e che osserva il movimento, in dilatazione o in rallentamento, del tempo;  così è nel luogo di raccoglimento e meditazione del corpo alla seconda dell’habitat architettonico.

Rimane un interrogativo; non per l’artista in se stesso quanto per tutto il movimento dell’arte contemporanea: la paura che quest’anima del fare rete, espressione endemica della creazione, diventi una gigantesca macchia; non più una rete su reti ma un unico e indefinito punto. Su questo si interrogheranno la mattina del 29 aprile presso Il Teatro dei Leggieri di San Gimignano Antony Gormley, Richard Sennett Anna Coliva, Giuseppe Sala e Mario Codognato. A moderare il simposio sul rapporto tra la città e l’uomo di  Re-imagining the city, Germano Celant.

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