La Ragione di una mostra

I grandi maestri del Novecento, piccole perle in esposizione

Paola Pluchino. Se è vero che i grandi capolavori hanno bisogno di uno spazio degno della loro altezza, è altrettanto vero che, i cicli astrologici dipinti a parete e le alte volte ogive del Salone del Palazzo della Ragione di Padova, in questa occasione creano un contrasto stridente con l’allestimento della mostra De Chirico, Fontana e i Grandi Maestri del ‘900, (fino al 15 luglio; collezione privata di Domenica Rosa Mazzolini, affidata negli anni a venire alla diocesi di Piacenza – Bobbio). Prevalentemente costruito per snodi lineari e orizzontali, il percorso espositivo -eccezion fatta per il pendolo di Foucault (che sviluppa un progetto di divulgazione scientifica a sé stante)- soffre della grandezza del plesso ospitante, quel luogo nobiliare tra Piazza delle Erbe e Piazza della Frutta, che fin dalla sua nascita (1219) venne adibito ad ospitare tribunali e uffici finanziari, ad ottemperare funzioni commerciali oltre la dominazione della Serenissima.

La mostra, cronologicamente scandita dai dipinti giustapposti in fila, non si presta, nel corridoio riservato agli anni Settanta, agli spazi angusti dell’allestimento che impediscono una ampia visuale dell’opera come nel caso di Spazio che Intercorre di Paolo Baratella la cui posizione costringe alla sofferta presa alle spalle degli studi e delle opere di Amilcare Rambelli.

Debole sotto un profilo espositivo e in precario equilibrio tra la qualità delle opere esposte (in mostra anche dipinti meno conosciuti di grandi nomi, tra gli altri un Carlo Carrà riposato con una marina e un paesaggio, Agostino Bonalumi in versione pittorica), la mostra ha tuttavia un interessante risvolto: non una novità ma semanticamente convincente è l’installazione di pareti bucherellate a luci soffuse che, mimando la porosità dell’arte, ricreano la sua centripeta capacita d’influenza, tra movimento e movimento, raccordando al passato la resa stilistica del presente. Nella sala principe, posta accanto al bel verso del mastodontico cavallo ligneo regalato al Comune, è la sala aperta riservata alle opere di Lucio Fontana, Enrico Baj, Giuseppe Capogrossi, Antonio Sanfilippo, ed Emilio Scanavino: tra l’Art Brut e lo spazialismo, questa selezione rivela l’ ardore dell’artista, nella presa di coscienza che l’uomo fa della materia, vigore primitivo e fondante la carnalità della tela, un suadente incontro tra colore e colore, trama e punto, grumo e graffio.

Vale comunque la volontà degli organizzatori di essersi prodigati nel rendere in uno spazio così maestoso una piccola Kunst und Wunderkammer più che decorosa, anzi, forse proprio nell’umiltà in cui quel cielo relega le opere, riesce ad essere sinceramente nostalgica e a ricreare quell’allure temporanea quali le opere della Mazzolini sempre ebbero, quando, spostate spesso da Milano per ristoranti e dimore private venivano poste a bella vista del pubblico1, che ignorava il valore e la provenienza di quei capolavori. Il confronto tra i filoni e gli stilemi pittorici dell’espressionismo lombardo, il rimando continuo alle epistole di Domenica Rosa Mazzolini, rendono viceversa, gradevolissima la lettura del catalogo, aprendo ad un resoconto che è anzitutto umano ancor prima che artistico, visionario e di mercato. Tra gli altri si segnalano l’omaggio morandiano di Filippo de Pisis, i Giorgio de Chirico (maestro della retrodatazione delle sue opere) e soprattutto la sempre convincente resa dei figurini di Massimo Campigli, giocati su prospettive assenti, proporzioni azzardate e quarte di scena come finestre a grattacieli.

1 Cfr. «Le opere?[ …] le tenevo sparse: in un primo tempo a Milano, poi in casa mia. Sapevo muoverle […] nel ristorante che avevo sotto casa, con le pareti a volta. Alcune opere erano proprio esposte, molti però non sapevano che alle pareti c’erano quadri così straordinari» Domenica Rosa Mazzolini. Catalogo della mostra (a cura di) Cristina Chinello e Lorenzo Respi. De Chirico, Fontana e I Grandi Maestri Del Novecento. Un secolo tra realtà e immaginario, Gruppo ICAT, Padova, 2012, p. 164.

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