Quando l’arte supera i limiti della visione


La scrittura scenica del Magnifico Teatrino Errante

Elena Scalia. Qual è il ruolo dell’arte nella disabilità e per la disabilità? Questa è una delle domande, che già da qualche anno, alimentano ed incentivano la crescita di laboratori sperimentali, educativi e percorsi estetici sia al livello nazionale che internazionale. Spesso definito come “Teatro del disagio” o “Teatro sociale” questo filone, che ormai è entrato a tutti gli effetti nel campo della ricerca teatrale, racchiude in sé molte esperienze artistiche ed espressive che lavorano sul teatro come forma di integrazione di persone con varie disabilità o che vivono comunque un condizione altra di sofferenza. A rinsaldare tale filone in Italia ha inoltre contribuito, nel 2011, la prima edizione del premioper la drammaturgia “Teatro e disabilità”, ideato da AVI onlus – Agenzia per la Vita Indipendente e dall’Associazione ECAD – Ebraismo Cultura Arte Drammaturgia, avviato durante le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Questo ambito, dunque, è formato da professionisti nel campo sociale, terapeutico e teatrale che educano, formano, producono spettacoli, in continua alternanza tra l’espressività ed il messaggio sociale, tra l’integrazione e la partecipazione. A questo proposito grazie alla collaborazione con il Servizio studenti disabili e dislessici dell’Alma Mater Studiorum di Bologna si può seguire parte del lavoro laboratoriale della compagnia bolognese Magnifico teatrino Errante composta da persone con varia disabilità e da studenti appassionati di teatro e provenienti dai più diversi campi di studio, dall’Antropologia alla Fisica.

In seguito all’esperienza teatrale triennale con un gruppo integrato, Valeria Nasci, attrice e regista ha portato continuità al lavoro accogliendo nuovi partecipanti e rinnovando la compagnia che, con la parata par tòt1 del 2011, ha acquisito la sua attuale denominazione. L’esito dell’ultimo processo artistico del Teatrino< è stato lo spettacolo Anche l’Occhio vuole, all’interno della Rassegna “Diverse abilità in scena”, promossa dall’Associazione gli Amici di Luca. L’indagine sul tema dello sguardo e della vista si delinea come filo conduttore di questa esperienza, ma non solo, probabilmente tocca una questione esistenziale: imparare ad accettare la diversità sotto qualunque aspetto, sicuramente un importante traguardo da raggiungere.

La compagnia, pur intraprendendo questo percorso sociale e umano, ha parallelamente sviluppato una riflessione estetica: ogni membro partendo dalla propria individualità, ma anche dal proprio innato talento artistico e performativo, ha avuto prima lo spazio per poter “esplodere” e poi, man mano, sotto la guida energica e ferma della Nasci ha saputo “fermare il proprio essere” e la propria storia in un’immagine, in un suono, in un testo, in un’azione, in una battuta, creando una drammaturgia “a quadri” in cui lo spettatore assiste e “viene assistito”. Tanti quadri, tanti spazi in cui la disabilità perde la propria connotazione difettosa di handicap, di mancanza, di perdita trasformandosi in una caratteristica individuale che fa sì che lo spettatore non distingua più gli “abili” dai “diversamente abili” ma “veda”, o meglio riesca finalmente a vedere Nura, la Bosnia e la sua storia, Luca la sua rabbia e le sue risate, Marcello e il suo ritmo “parlante”, Ninfa e la sua visione poetica del mondo, Annalisa ed il suo furente Drago liberatorio, Silvia e le “sue sgridate agli uomini che fanno arrabbiare” Cristian e la sua corsa, Gabriele e le sue doti da istrione. Passando allora da una visione difettosa della disabilità come disagio o handicap a quella che invece la interpreta come caratteristica, affrontandola con fiducia e con cura mettendone a frutto le potenzialità, il Magnifico Teatrino ha dato conferma di una nuova sensibilità, di un cambiamento e di un’evoluzione sociale prima di tutto umana, poi artistica ed estetica in grado di sfociare in una nuova drammaturgia di forte impatto scenico, in cui gli oggetti, i suoni e le immagini diventano una scrittura a se stante con un proprio “magnifico” linguaggio ed una propria logica smussata, guidata e messa in forma dalla regista ma compartecipata e agita da tutti i membri della compagnia. La figura simbolica del coro apre lo spettacolo e si fa contenitore dell’opera alternando filastrocche a proverbi sul tema della vista e dello sguardo dove i protagonisti, attraverso i loro linguaggi espressivi, ci “aprono gli occhi” sulla differenza tra il “guardare” ed il “vedere”, parlando con la propria peculiare, acuta e preziosa capacità di guardare il mondo. Verso una società ed un “fare artistico” in cui non sia più centrale la differenza tra abili e disabili ma che miri all’autonomia, all’integrazione e non all’assistenzialismo. Non è forse allora la disabilità che può fare qualcosa per l’arte?

1 – Par tòt (espressione dialettale propria del territorio bolognese: parata per tutti) è una parata multiculturale e intergenerazionale, ecologica ed itinerante per le vie del centro cittadino, che mira al coinvolgimento diretto della comunità, delle associazioni e degli artisti. Trae la propria ispirazione dalla biennale Zinneke Parade di Bruxelles.

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