Equilibri instabili: le installazioni sonore di Roberto Pugliese

Pasquale Fameli. Le installazioni di Roberto Pugliese (Napoli, 1982) sfruttano il suono elettronico come complemento dinamico necessario e si configurano come aggiornatissime “macchine celibi”1, analoghe a quelle di Marcel Duchamp o Jean Tinguely, strumenti tecnologici privati di qualunque funzionalità o scopo produttivo per essere ridefiniti come oggetti artistici. In questo caso, l’automazione e la trasmissione sonora si traducono in puro autotelismo, in quanto attività che trovano senso nel loro stesso realizzarsi, e vengono sfruttate di volta in volta da Pugliese secondo diverse possibilità micro-situazionali: in Equilibrium Variant (2011) due freddi bracci meccanici si sfidano come due belve che si studiano reciprocamente prima di attaccare; qui l’elemento sonoro, un effetto larsen dato dall’avvicinamento di un piccolo microfono posto su un braccio e un piccolo altoparlante posto sull’altro, interviene intelligentemente ad aumentare o diminuire la tensione dell’azione, il momento del primo feroce attacco, e la lotta tra le due macchine diventa così anche una lotta tra le frequenze acustiche in un circuito chiuso. Qualcosa di analogo avviene in Equilibrium (2011), dove questi piccoli bracci microfonati si puntano come pistole verso i woofer avvitati al muro, quasi a controllarli con atteggiamento bieco, intimidatorio, e il feedback acustico sembra così marcarne la minacciosità.

La macchina celibe, facendo tornare a se stessa l’azione che compie, presenta un carattere onanistico, una sorta di auto-erotismo tecnologico che la chiude in una ciclica attività de-funzionalizzata, come avviene in Luxurious Macabre Vanity (2011) in cui una lastra di metallo, tenuta sospesa da una struttura in ferro, viene percossa a intervalli irregolari, determinati (tramite un apposito software e una connessione wi-fi) da aggiornamenti statistici in tempo reale presi su internet e relativi alla distruttiva azione dell’uomo sulla natura, argomento verso cui l’artista dimostra una certa sensibilità anche in opere precedenti quali Ivy Noise (2009) e Undergrowth (2009), spettacolari ramificazioni di fili elettrici e woofer che riproducono paesaggi sonori sintetici, artificiali, generati con particolari software, ma che sembrano prelevati da un incontaminato paradiso terrestre, oppure Critici ostinati ritmici (2010), installazione sonora interattiva in cui degli elettromagneti a mantello (componenti elettromeccanici che attivano un pistone alla ricezione di un impulso elettrico) percuotono un tronco d’albero cavo secondo aggiornamenti statistici, presi in tempo reale da internet, sulla deforestazione.

Più strettamente connessa a una riflessione sulla produzione musicale, Kinetic Orchestra (2011) è un’installazione sonora in cui una serie di elettromagneti a mantello montati su una teca in plexiglass producono complesse architetture ritmiche in base agli impulsi provenienti da un software, mentre Audiosphere (2009) richiede la partecipazione attiva del fruitore, tenuto ad agitare ciascuna delle tre sfere preposte all’azione, per generare insoliti rumori di scuotimento, come se al loro interno fossero contenuti misteriosi e indefinibili oggetti. Si tratta di un’opera che, in fondo, ricalca in chiave “tecnotronica” la logica del duchampiano Con rumore segreto (1916), ready-made da agitare e ascoltare, composto da un gomitolo, bloccato tra due lastre di rame, che contiene al suo interno un oggetto misterioso: probabilmente la prima opera d’arte oggettuale a coniugare sonorità e interazione.

Info

Aritmetiche Architetture Sonore di Roberto Pugliese VERONA | Studio la Città | 12 maggio – 11 agosto 2012

Su questo argomento Cfr. AA. VV., Le macchine celibi, Alfieri, Venezia, 1975 e H. SZEEMANN (a cura di), Le macchine celibi, Electa, Milano, 1989.