Julian F. Bond : il designer e la forma del contemporaneo

Antichi manufatti provenienti da civiltà remote, ricordano le gesta dei nostri antenati.  Con tinte d’ambra e voluttuose sfumature porpora, il nero dipinge, nella fascia che le anfore hanno consegnato alla storia, i ricordi dell’uomo valoroso, del prode combattente.

All’artigiano, plasmatore e traduttore del pubblico sentimento, veniva così delegato il compito del narratore, produttore del manufatto e della sua forma.

Nel lavoro di Julian f. Bond, in mostra con PIXEL VASES LANDSCAPE alla Galleria Swing (Benevento) fino al 15/09 è affidato il compito di rispolverare e rendere contemporanea la forma e il modo di produzione dell’oggetto.

Mette così in scena, nelle sale della galleria, una serie di vasi come pensieri amorfi che nella loro schematicità e sudditanza al pensiero dei pixel rivelano tutto l’ardore conoscitivo del mondo digitale, il piacere arcano della macchina come inventore di contenitori.

Questi oggetti, brocche in ripetizione differente, sono prodotte grazie a un macchinario creato dallo stesso artista: a un basamento di pietra con apertura sull’alto, sono collegati ai lati tanti bastoncini di metallo, da una parte e dall’altra. Per mezzo di queste piccole assi modulabili, alle cui estremità sono poste dei quadrati che stampano sulla superficie la propria forma, Bond affida il processo di definizione degli oggetti, veicolandone in un certo senso anche il significante che ne sta all’origine.

Dallo Royal College of Art di Londra a Swing, lungo il percorso in cui la mano ha ceduto il passo alla macchina, nel suo caso, solo per comandarla ancora.

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