Il tempo s’incontra

Lea Vergine e Janieta Eyre

Federica Fiumelli. “Provavo l’impressione assurda e reale di ascoltare, non visto, dietro una porta, di essere capitato in casa d’altri e di scoprire improvvisamente i terribili segreti quotidiani di una famiglia sconosciuta.”

Parole di Luchino Visconti rilasciate ad un giornalista dopo aver visto “La donna del mare” di Ibsen, interpretata dalla eterea Eleonora Duse.

“Provate un po’ a immaginare una situazione così: Virginia Woolf ricama a punto-non-so-che-cosa lo schienale di una seggiola, su disegno progettato da Duncan Grant mentre sua sorella Vanessa Bell disegna per lei la copertina di The Waves intanto che Percy Wyndham Lewis, tra un Blast e l’altro, dipinge il ritratto di Edith Sitwell fotografata con i suoi fratelli da Cecil Beaton. I tre Sitwell si fanno affrescare la Villa di Montegufoni in Val di Pesa da Gino Severini; dopodiché tutti giù a rovistare tra gli avanzi di gomitoli di lana per i calzerotti da inviare ad Alec Guinnes sotto le armi. Ma cos’è? Una burla, una sceneggiatura per una pièce? No. è  tutto vero.”

Queste parole invece appartengono a Lea Vergine, corredo della mostra “Un altro tempo” che sarà fruibile dal 22 settembre 2012 al 13 gennaio 2013 presso il Mart di Rovereto.

“Vivo per la maggior parte dietro il mio occhio sinistro. E’ l’occhio che vede il peggio e per questa ragione è sensibile alla sostanza delle cose, al mondo fantasma, al mondo della morte”.

Questo invece è un pensiero appartenente all’artista Janieta Eyre.

Bene. Alcuni, o forse molti di voi si staranno chiedendo cosa lega queste tre affermazioni.

Dal nostro occhio sinistro, quello sensibile alla sostanza delle cose, dovremmo spiare da dietro una porta, segreti di sconosciuti; e talvolta quello che vedremo ci sembrerà una burla, ma la realtà supera anche la finzione, in un altro tempo. Così potrei riassumere con un patchwork di parole quello che unisce gli scatti grotteschi, malinconici della Eyre con le opere in mostra al Mart di Rovereto.

La Eyrenacque a Londra nel 1966, attualmente vive a lavoro a Toronto, nacque con il cranio unito a quello di sua sorella, furono separate da un delicato intervento chirurgico ma la sorella non sopravvisse. Ciò che sopravvive è il doppio austero, perturbante, negli scatti della Eyre.

Scatti inquietanti dove l’artista compare travestita e duplicata, come se fosse in continua ricerca di altra sé, quell’altra parte che perse per sempre.

Mise eccentriche e antiche, location macabre, kitsch e talvolta pop, il tutto volto ad una fantasmagoria onirica dalla quale se ne esce profondamente turbati. Scatti che traducono angoli di case sconosciute in enigmi e frammenti quasi strappati ad un film horror.

Siamo catapultati in un altro tempo proprio come osservando le opere in mostra al Mart.

La mostra è composta da sculture, dipinti, disegni, oggetti d’uso, grafica editoriale, libri, fotografie e arredi. Oggetti che popolano le foto della Eyre.

Oggetti quasi del tutto sconosciuti fuori dall’Inghilterra (non a caso patria natale della Eyre).

La Verginesottolinea: “L’interesse di queste opere non sta nel loro valore artistico, ma piuttosto nella loro capacità di evocare emozioni e sensazioni che sono appunto di “un altro tempo”: sono oggetti unici, spesso eccentrici rispetto ai canoni delle arti figurative.”

Eccentricità che troviamo nello scatto in bianco e nero firmato Beaton, dove Nancy Cunard o Edith Sitwell viene triplicata, ed ecco riproposto il perturbante dello scindersi; o nello scatto di Coburn, del 1917, una “vortografia” di Ezra Pound. Gli arredi di Fry, come le sedie decorate che sembrano proprio voler entrare in un futuro prossimo in una fotografia della Eyre.

Il busto scultureo dal gusto novantico di Guadier Brzeska, il progetto per un tappeto circolare con disegni stratti dell’Omega Workshop.

Ma cos’era l’Omega Workshops ce lo spiega sempre Lea Vergine nel comunicato stampa: “Laboratori di arti applicate creati da Fry. I manufatti, realizzati nei laboratori Omega, restavano anonimi. Del gruppo fece parte anche Percy Wyndham Lewis che redasse il manifesto del “Vorticismo”, pubblicato nel primo numero della rivista Blast. Lewis fu anche fondatore del “Rebel Art Centre”, altro atelier collettivo, sorto in contrapposizione all’Omega Workshops, con l’intenzione di raccogliere l’ala più intransigente dell’avanguardia inglese poiché considerava “troppo educati” i rappresentanti del gruppo di Fry.”

Anni importanti, centrifughi di idee che si assemblavano tra le diversi arti, un periodo, un arco di tempo che si dispiega a partire dalla fine dell’Ottocento fino ai primi decenni del Novecento.

Tra decadentismo e modern style. Tra il sapore dello spleen al gusto di assenzio, al nuovo emergere dell’industria nelle arti.

E poi un quadro di Grant, un ritratto di James Strachey del 1910. Un uomo assorto dai suoi pensieri, contornato da libri, su una poltrona di velluto verde bottiglia, perde il suo sguardo in un altro tempo. Con alle spalle un paravento rosso dal gusto orientale, un japponisme tornato in voga giusto in quegli anni; gamba accavallata dal sapore intellettuale, mano ciondolante su un tappeto decorato. Quali potevano essere i pensieri di un giovane psicoanalista inglese, traduttore di Freud?

Il ritratto non solo di un uomo ma di una generazione in cerca.

Ezra Pound, Hilda Doolittle e T. S. Eliot, lo scultore Henri Gaudier-Brzeska, gli scrittori Edward M. Forster, Ford Madox Ford, James Joyce e David Herbert Lawrence Gertrude Stein a Parigi, i tre poeti Sitwell tra l’Inghilterra ela Toscana, ai futuristi inglesi “vorticisti”,il critico d’arte Roger Fry , i pittori Vanessa Bell e Duncan Grant.

“Tutti, amici fra loro, erano, in primis, materia di scandalo; e poi di acute insolenze e di erudite litigiosità. Tra questi, leader carismatici e molti supporter: ma tutti insieme formano un coro singolare. Studiosi di rara cultura, signore costumate e non, giovanotti morbidi e protervi, artisti concimati dalla paranoia, eccentrici in abbondanza; e poi, neurolabili, creature vampirizzate, soggetti psichiatricamente interessanti, anime smedesimate e altre afflitte da ego ipertrofici.” Racconta Lea Vergine.

E in eco e in seno a questa generazione, eccola là Janieta Eyre, tra le onde, una donna in mare.

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