Efesto il Fuoriclasse di Zeus

Il curatore – Luca Cerizza

Paola Pluchino. Nato a Milano nel 1969, vive a Berlino e a Milano.Laureato in Storia della Critica d’Arte presso l’Università Statale di Milano, ha frequentato il corso per curatori presso la fondazione De Appel di Amsterdam (1997-98). Attualmente collabora con le testate Frieze e Kaleidoscope, di cui è Contributing editor. Dal 2003 è curatore della collezione d’arte della BSI (Banca della Svizzera Italiana) per cui ha curato una serie di pubblicazioni distribuite da JRP-Ringier.

Insegna Museologia presso la NABA (Nuova Accademia di Belle Arti) di Milano.


Il punto di vista

Qual è la sua personale idea di mondo-arte e quali limiti pensa possa avere la sua interpretazione?

Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.

La Mostra

Fuoriclasse riunisce i lavori di 60 artisti sia di fama internazionale che giovani promesse. Quali sono gli elementi conduttori dell’esposizione?

Partiamo dai dati. Fuoriclasse è una selezione, ovviamente parziale e soggettiva, di artisti che hanno frequentato i corsi accademici di Alberto Garutti, prima a Bologna poi a Milano e Venezia. Si tratta di più di vent’anni di insegnamento, dal quale sono transitati circa 400 studenti o, come Garutti preferisce dire, giovani artisti. Da questo corso sono usciti molti tra gli artisti italiani più rappresentativi di questi ultimi anni; artisti che hanno partecipato a Biennali e Documenta e acquisito fama internazionale (penso, per esempio, a Meris Angioletti, Roberto Cuoghi, Lara Favaretto, Giuseppe Gabellone, Massimo Grimaldi, Diego Perrone, Paola Pivi e Patrick Tuttofuoco). Ce ne sono anche di più giovani che si stanno affacciando alla ribalta internazionale. Alcuni di loro provengono da fuori Italia ma hanno studiato a Milano, come Petrit Halilaj (Kosovo) e Emre Huner (Turchia). Infine c’è l’ultima generazione che sta iniziando a lavorare soprattutto a Milano (Alessandro Agudio, Marco Basta, Beatrice Marchi e Davide Stucchi) e quelli che stanno concludendo adesso il corso di studi. Insomma, tra l’artista più “vecchio” e quello più giovane in mostra, passano quasi 30 anni…

La mostra vuole quindi essere il racconto di un’esperienza educativa straordinaria e ancora in corso ma, inevitabilmente, rappresenterà anche uno sguardo sull’arte italiana del dopo-Transavanguardia e del dopo-Cattelan: cioè delle generazioni che si sono succedute dalla metà degli anni ’90 in poi. Non è un ritratto esaustivo, ma sicuramente molto ricco e articolato, delle differenze e delle continuità di queste generazioni.

E’ importante chiarire un aspetto. L’insegnamento di Garutti si caratterizza per il carattere dialettico e di confronto che crea all’interno del corso. Garutti non insegna tanto uno stile o una teoria, magari una derivazione del suo lavoro come artista ma tende a esaltare le qualità e le particolarità dei singoli individui. Da questo punto di vista, anche se si possono sicuramente riscontrare caratteri comuni anche all’interno di diverse generazioni, la mostra non rappresenta una scuola ma una serie di posizioni per lo più radicalmente diverse da quelle dello stesso Garutti.

I giovani artisti

Sulla base di quali criteri di valutazione sono stati selezionati gli artisti?

Come dicevo prima, alla mostra partecipano artisti che appartengono a tutto l’arco dell’insegnamento di Garutti fino ad oggi. La selezione si basa su quello che sia un equilibrio tra posizioni riconosciute anche internazionalmente e artisti più giovani, poco o per nulla conosciuti. La scelta è stata comunque soggettiva, basata su quello che ritenevo la qualità del lavoro.

Ovviamente la selezione è stata più drastica sulle generazioni più vecchie: sono stato costretto a escludere artisti che conosco da tempo e con cui ho anche lavorato in passato. Questo per lasciare ampio spazio alle ultime e soprattutto all’ultimissimo corso. Per un quarto degli artisti si tratterà, infatti, di una delle primissime esperienze espositive.

Fin dall’inizio c’era la volontà di non creare gerarchie all’interno della mostra, ma di far convivere e dialogare negli stessi spazi artisti di diverse generazioni e curricula.

La scelta dello spazio

In che modo le opere dialogano con il contesto museale in cui sono inserite?

Ecco, il rapporto con lo spazio è stata un’altra componente importante che ha influenzato la selezione degli artisti. Trattandosi non dello spazio bianco di un museo di arte contemporanea, ma di una villa neoclassica che contiene una ricchissima collezione di opere d’arte che va dal neoclassicismo al tardo-romanticismo, ho scelto gli artisti anche in base alla loro possibilità di dialogare con questo spazio molto caratterizzato, di costruire relazioni di diverso tipo. Alcuni dei loro lavori sono stati pensati proprio in dialogo con questa architettura e questa collezione.

Il contesto rappresenta uno stimolo e un ostacolo allo stesso tempo. Necessita comunque un confronto, non può essere ignorato. Credo che uno degli aspetti più interessanti della mostra possa essere proprio quello di mostrare questa capacità di dialogo tra contemporaneo e antico e tra arte e contesto in cui viene esposta. Questo atteggiamento è figlio di una lunga tradizione italiana, anche nell’arte contemporanea, che è presente anche nell’insegnamento dello stesso Garutti.

Le prospettive di crescita

Perché le Istituzioni dovrebbero investire in favore della cultura?

Perché intorno alla cultura si riconosce un paese, la sua storia e le sue prospettive. La sua capacità di capire il mondo: di raccontarlo e di condividerlo. La cultura dovrebbe innanzitutto aiutare ad alimentare una capacità critica e di attenzione verso il mondo. Forse per questo la politica italiana sembra averne timore. (forse era meglio avvalersi della facoltà di non rispondere…)

La carriera

Quali sono i suoi progetti futuri?

Da qualche anno a questa parte, l’attività di scrittura è preponderante rispetto a quella di curatore che comunque amo molto. La prospettiva di critica e analisi storica si è affiancata e spero integrata a quella sul contemporaneo. In questi ultimi mesi ho scritto per gallerie e musei stranieri su Alighiero Boetti e Arte Povera, ma anche su artisti più giovani su riviste come Frieze. Sto lavorando a testi su Gianfranco Baruchello e Giorgio Griffa. In un prossimo futuro vorrei dedicare più attenzione ad alcune figure di artiste donne che si sono confrontate con il linguaggio minimalista in un’accezione personale e che oggi trovo molto attuale. Sono artiste americane, tedesche e giapponesi: seppur ancora oggi molto attive, credo sia necessario un lavoro di indagine e riscoperta.

Inoltre sto lavorando a una mostra per la galleria Vistamare di Pescara che aprirà a fine marzo: la prima mostra in una galleria dopo otto anni. Sarà una collettiva di una decina di artisti di diverse generazioni e provenienze che si confronteranno con l’idea di paesaggio e di rapporto con la natura. Artisti settantenni insieme ad altri di meno di trent’anni, seguendo un medesimo orizzonte. Poi ho un’idea per un documentario/intervista sulle pendici di un vulcano…

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