Errori e sfortune nella terra dei leprecauni

Costosi errori di valutazione, fraintendimenti e ritardi si nascondono dietro il monumento simbolo della cittá di San Patrizio

Elisa Daniela MontanariTHE SPIRE, conosciuto dalla gente di Dublino come “The Stiletto in the Ghetto” o “The Spike”, lo Spuntone, abitualmente preso come punto di riferimento geografico per incontrarsi con gli amici o per ritrovare la strada di casa dopo una notte di Guinness, sta per festeggiare il suo primo decennio. Ciò che lo contraddistingue però, non è solo il fatto di essere la statua piú alta del mondo, ma anche un monumento con una tragicomica storia segnata dai continui inciampi della Pubblica Amministrazione.

Per iniziare dal principio bisogna ricordare che al posto del monumento attuale sorgeva THE NELSON’S PILLAR, memoriale all’Ammiraglio inglese Nelson che sconfisse l’Invincibile Armada spagnola nella battaglia di Trafalgar. Eretto nel 1809 e subito criticato, diventa con gli anni il monumento piú odiato dai cittadini irlandesi, in quanto memorandum di oltre cento anni di vassallaggio al Regno d’Inghilterra, terminati solo nel 1922. Dopo decenni di tentativi nel trovare un accordo in Parlamento che permettesse di rimuovere la colonna, l’IRA Irish Republican Army organizzazione militare rivoluzionaria, decide di prendere in mano la situazione e nel 1966 posiziona una bomba per far saltare in aria la colonna.

(Nessuno rimase ferito dall’esplosione e i danni furono molto limitati).

La Pubblica Amministrazione si ritrova così ad avere il relitto di un monumento, giudicato irreparabile, nel mezzo di una delle vie più importanti della città; decide dunque di sbarazzarsi dei rottami seguendo l’esempio dei suoi predecessori e sei giorni dopo piazza un’altra bomba.

Lo scoppio causò la formazione di un cratere nel terreno e la rottura dei vetri di edifici fino a un chilometro di distanza. Danni da migliaia di sterline irlandesi.

Dopo questa prima disavventura viene eretta una nuova statua al posto della Colonna di Nelson per l’anniversario del Millennio di Dublino, nel 1988. Quella che doveva essere la trasfigurazione poetica del fiume che attraversa la città in sembianze umane, si trasforma nell’immaginario collettivo in una rappresentazione erotica. Il nuovo ANNA LIVIA MONUMENT, raffigurante una giovane donna seduta nel mezzo di acque fluttuanti, cambia rapidamente nome e significato in “ The Floozie in the Jakuzzi” o “The Whore in the sewer” in cui Floozie e Whore sono due appellativi con i quali non è raccomandabile chiamare una signora.

Evidentemente il nuovo significato acquisito dalla statua risulta scomodo alla Pubblica Amministrazione che negli anni Novanta si é lanciata nella riprogettazione della via cittadina, sacrificando tra l’altro molti alberi centenari all’insegna del miglioramento del paesaggio.

La posizione di simbolo della città, occupata in precedenza dalla Colonna di Nelson, non può essere attribuita a quella che tutti interpretano, non come personificazione di un fiume, ma come donna di malaffare. Viene deciso dunque di relegare il monumento in un parco fuori dal centro ed erigere al suo posto un nuovo inno alla contemporaneità.

 Il protagonista e simbolo di questa rigenerazione, THE SPIRE, viene pensato per essere gloriosamente edificato in occasione dell’inizio del Millennio, in onore di nuovo debutto e una nuova crescita, ma ancora una volta il Consiglio Amministritativo riesce a inciampare nella burocrazia e a ritardare i lavori fino a tre anni dopo. Il nuovo millennio si festeggerà nel gennaio 2003 con l’inaugurazione di un monumento talmento innovativo da essere stato descritto come “autopulente”. Si supponeva infatti che la pioggia, frequente in città, risultasse sufficiente per la pulizia della statua sdoganando la Pubblica Amministrazione dall’onere della manutenzione. Ovviamente l’impresa è risultata essere un completo disastro, il monumento richiede una pulitura giornaliera ordinaria della parte più bassa e una pulitura quadriennale della sua totalità, senza contare che le 1200 lampadine che illuminano la punta erano supposte durare vent’anni: inutile dire che hanno fallito almeno cinque volte. Un piccolo errore di valutazione che costa ai contribuenti dai 300 ai 400 mila euro ogni anno.

 

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