Gli stabili disequilibri nell’architettura di Zaha Hadid

Federica Melis. Zaha Hadid, architetto e designer dal profilo complesso e poliedrico, è una delle maggiori personalità artistiche offerte dall’odierno panorama architettonico. Nata a Baghdad, in Iraq, nel 1950; nel 1971 consegue un master in matematica pura presso l’ American University di Beirut, per poi trasferirsi alla Architectural Association School of Architecture di Londra dove, ottenuto il diploma nel 1977, stabilisce il suo studio nel 1980. Per lungo tempo bollata a matematico dalle notevoli capacità teoriche, ma dalla modesta concretezza costruttiva, oggi, a distanza di trent’anni, vanta la realizzazione degli edifici fra i più prestigiosi a livello mondiale e, a dispetto della più agguerrita detrazione critica, nel 2004 è stata la prima donna a conquistare il più autorevole premio internazionale per l’architettura: il Pritzker Architecture Prize.

Dapprima ispirata al Movimento Moderno, in particolar modo alle opere degli architetti tedeschi Ludwig Mies van der Rohe e Walter Adolph Gropius, e alle forme espresse dal Costruttivismo Russo; ha successivamente elaborato un approccio completamente nuovo e originale verso l’architettura che, sospinto dalle audaci premesse teoriche delle originarie sorgenti ispiratrici, ha generato i primi esiti formali di ambito Decostruttivista.

Attenta osservatrice delle esigenze dell’età contemporanea, Zaha Hadid indirizza la propria ricerca verso soluzioni e possibilità architettoniche in grado di rappresentarne la complessità e il dinamismo. Una progettazione, dunque, che volontariamente turba la quiete di superfici a riposo con tortuose asimmetrie, sinuose linee, sdrucciolevoli curve ad ansa e vorticose spirali a mo’ di superavvolgimenti molecolari, poiché satellite del concetto di fluidità. Si definiscono così delle forme  dalla geometria instabile dove l’unità è evidenza del  frammento e della disarticolazione concorde. Strutture governate da un ordinato caos poiché composte con materiali che rispondono alle richieste della più avventurosa fantasia, che si flettono in rocamboleschi prodigi d’agilità meccanica al suo indomabile fervore creativo, ma che al contempo affidando l’ancoraggio delle proprie fondamenta allo scientifico rigore di sapienti calcoli matematici, incarnano la bellezza di uno stabile disequilibrio. Tali sono i progetti siglati nel 2007 e destinati alla Business Bay di  Dubai: Il Dubai Financial Market Towers, meglio note come le Dancing Towers, tre edifici a destinazione d’uso mista che si ergono non rispettando la perfetta verticalità e l’ Opus Dubai, opera composta da due strutture,  ma concepita come un cubo unico asimmetricamente eroso al centro e dotato di una facciata riflettente capace di produrre l’illusione di pienezza durante il giorno, mentre la notte mirabilmente si smaterializza producendo il vuoto. Ancora il City Life, del 2004, progetto per la riqualificazione del quartiere storico della Fiera Campionaria di Milano per il quale la Hadid ha ideato un grattacielo di 185 m caratterizzato da un andamento curvilineo che ne produce la contorsione su sé stesso. La colossale Guangzhou Opera House in Cina, progettata nel 2008 e inaugurata nel 2011, che si sviluppa su 70.000 m2 complessivi, distribuiti su due aree la cui irregolare geometria ricorda i sassi di un fiume. La prima area accoglie il Gran Teatro con una capienza di 1800 posti a sedere; mentre la seconda area ospita una sala multifunzionale in grado di accogliere sino a 400 persone.

 

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