Il cristallo incrinato

Ciò che costituisce l’immagine – cristallo è l’operazione fondamentale del tempo; il tempo si scinde mentre si pone o si svolge, in una faccia fa passare tutto il presente e nell’altra conserva tutto il passato.

Gilles Deleuze

 

Si dice trasparente ciò che può essere trapassato dalla luce, ciò che, limpido e chiaro, si palesa di fronte agli occhi di colui che osserva con assoluta certezza, senza alcuna distorsione ottica.

Nel verso della comprensione totale dell’oggetto coinvolto, trasparente è quel fenomeno che permette una visione semplice e nitida, che non lascia il minimo dubbio sia su se stesso che su ciò che sta alle sue spalle.

In quanto oggetto fisico però, dotato di una sua propria densità materica, anche il più puro degli oggetti conserva in sé un portato di indefinitezza, un’aura che disturba la percezione ottica.

Questo sua natura ambigua, fattore comune che tocca trasversalmente molte pratiche contemporanee – dai rapporti sociali alle architetture più avanzate – rende la sua analisi di difficile risoluzione, dovendo chiamare in causa sì le scienze esatte ma ancor di più precetti morali e ontologici, che non agevolano il discorso.

Nelle pratiche artistiche contemporanee si assiste sempre di più a un fenomeno di smaterializzazione, ad un gioco in cui l’uno e l’altro cercano di conversare, ponendo a base del loro rapporto coordinate esplicite (trasparenti appunto) che dovrebbero favorire la comunicazione e così anche la conoscenza.

Se tuttavia rendere tutto trasparente impedirebbe la conoscenza (se cioè tutto fosse visibile non si avrebbe più niente da imparare), la tanto paventata trasparenza si rivela invece una fortissima barriera all’ingresso, ancor più drammatica poiché così razionalmente celata.

Nel giogo del visivo, essere trasparenti appare allora il lume più sicuro verso cui procedere, certi che con questo sano atteggiamento ogni spiegazione e ogni visione si renda semplice e univoca, affabile e immediata, favorendo un terreno degli scambi piano e lineare.

Nel turbinio dell’apparenza, l’occhio neutrale del vetro è in verità spirito spartano che deforma con falsi assunti, arrogandosi il diritto di procedere senza alcuna ammissione di opacità. L’immagine cristallo è allora solo un presentimento non realizzabile un’elusione invincibile di mille sfumature con cui il trasparente entra in contatto.

Sedotti e affascinati da considerazioni che trascendono il normale rigore logico, dimentichiamo che la vera potenzialità del comprendersi consiste nell’ammissione prima di non poter in alcun modo arrivare al fondo delle cose, alla profonda natura umana, che sì si lascia riflettere ma non attraversare senza modificazioni.  Non male:  a conti fatti sempre meglio essere opachi che invisibili.

Paola Puchino

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