La soffice presenza

Cromie delicate come nebulose vedute veneziane, rossi e gialli arditi in trasmissione della potenza del sole d’ardere la terra, sfondamenti e ambigue prospettive a colmare la distanza tra interno e esterno, l’essere artista.

In mostra presso l’ ex Chiesa del Carmine e in seconda veste presso il Palazzo Duchi di Santo Stefano – sede della Fondazione G. Mazzullo – Antonio Nunziante celebra, nella cornice incantata di Taormina, l’esodo dell’artista che sedotto dal fascino arcano e surreale del paesaggio ha fatto della luce e del tempo le sue cifre stilistiche.

Accanto a motivi della tradizione classica – le rovine dei templi greci, i busti marmorei,  gli scorci naturali che rasentano un verismo di prima mano – e che portano a considerare l’artista come un’evoluzione figurativa della Scuola di Scicli, il nucleo pittorico presentato conserva un’anima non immediatamente definibile, una luce endogena, che riabilita il gesto della pennellata nel suo intimo significato trasognato.

Nel ciclo di opere pensato per le due mostre Panorami di Luce (fino al 30 settembre) e Viaggio a Taormina (in finissage il 30 agosto), l’artista partenopeo traccia (con opere a stretto giro realizzate negli ultimi due anni) l’evoluzione di una visione ascendente e profondissima creando dal desiderio di una notte stellata una serie possibile di viaggi, che, compiendosi a fatica sotto il caldo sole siciliano, conducono lo spettatore verso interni incantati, ove il limite tra la volta passata e la prospettiva perduta si lega al filo dell’immaginato aquilone, che il bambino stringe, in infinita visione e condanna di una bidimensionalità da sfondare all’inverso e in fuga.

Nel cerchio espositivo, risulta della curatela di Giuseppe Morgana e Rossella Farinotti e dell’allestimento di Roberto Mendolia dell’ Associazione Art Promotion Taormina grazie anche al patrocinio del Comune e dell’Assessorato alla Cultura, della Provincia Regionale di Messina, della Regione Sicilia, di Taormina Arte e del MIBAC, c’è spazio anche per opere che usano linguaggi presi in prestito e di rimando riconsegnati alla letteratura: Narciso, Progetto per un viaggio ancora possibile ma soprattutto Verità Celata, un gioco in cui la visione viene implicitamente bloccata e trascesa, ove il gusto per l’ordito del non detto, suggerisce l’ironia del mezzo stesso, il potere che ha la pittura di dirsi attimo ed eterno a un tempo, distante eppur partecipata, duplice illusione della sua esperibile fruizione.

Dalle stelle in rotta verso i cambi umorali delle coordinate e atmosferiche e celesti  il percorso espositivo prosegue nell’altra sede -la Fondazione Mazzullo stavolta- che lascia, negli spazi  ricolmi di storia, a regger la colonna di pietra e le alte finestre, la seconda parte della mostra, ideale contraltare che conserva l’opera principe, quella fiera centauressa che spicca il volo dalla pietra e regina del tempo sveste l’immobilità per darsi vasta al confine liminare dell’infinito.

Nel doppio tratto, nel fallibile dialogo di esperienze viscerali e inquiete del Sud (Napoli, patria dell’artista, Taormina sede della mostra), risiede l’aura della pittura di Nunziante, mistero e comunione di bagliori che contribuiscono a ridare dignità alle antiche porte in vetro, ai tavoli lineari ed esatti, alle camicie bianche, alle volute quarte di scena come arcani paesaggi perduti.

Una realtà, questa siciliana costituita da un gruppo di avventurieri che coraggiosamente sta rischiando la via della promozione di grandi eventi, mostre in cui l’ardore spesso è parte integrante della riuscita stessa, in cui la distanza tra la gente del luogo e i facoltosi turisti, viene colmata d’acchito, provenienza onnicomprensiva della lingua dell’arte, notazione comprensibile ai molti popoli che lì si sono succeduti e che sembra si avvicenderanno di nuovo in un futuro molto prossimo.

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